Papa Bergoglio è stato stoppato. Il documento post-sinodale dedicato all’Amazzonia non dice una parola sulla possibilità di ordinare sacerdoti uomini sposati e tace anche sull’eventualità di dare uno status speciale alle donne, che guidano le comunità cattoliche sparse nella foresta amazzonica.

Giunto al momento di prendere la decisione, papa Francesco ha frenato bruscamente, consapevole che l’opposizione a una svolta era ramificata e forte e tanto più potente quanto sotterranea. E’ una sconfitta per lo slancio riformatore del pontificato. L’opposizione, capitanata dal cardinale Mueller – ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede -, canta vittoria. “E’ un documento di riconciliazione”, dichiara Mueller, aggiungendo con linguaggio eloquente: servirà a evitare il formarsi di fazioni intraecclesiali, a ridurre il rischio di abbandoni silenziosi o il manifestarsi di “aperta opposizione”.

Diceva a suo tempo una grande personalità di Curia, ex presidente della conferenza episcopale francese, il cardinale Roger Etchegaray: “I primi tempi Francesco godrà una sorta di luna di miele, ma poi verrà il momento in cui si troverà con le spalle al muro”. Il momento è questo.

Per Francesco non è soltanto duro dover constatare che i rapporti di forza all’interno della Chiesa non sono, su questi temi, a suo favore. La difficoltà in cui è stato messo è acuita dal fatto che Bergoglio si trova ora in aperta contraddizione con se stesso. E’ stato lui infatti a incoraggiare apertamente la discussione sul tema dei viri probati (uomini sposati di provata fede e moralità da candidare al sacerdozio). E’ stato lui a volere che l’argomento fosse trattato nel sinodo, lui ha scelto come relatore generale il cardinale Claudio Hummes apertamente favorevole a questa soluzione e sempre lui ha autorizzato che il documento preparatorio, Instrumentum Laboris, contenesse un passaggio esplicitamente dedicato al tema.

Ma soprattutto Francesco si trova in contraddizione con un principio da lui propugnato sin dall’inizio del pontificato: il principio di sinodalità, per cui i vescovi sono chiamati a partecipare con il papa alla guida della Chiesa. Francesco ha emanato persino un documento, a futura memoria, per consentire che vi siano sinodi di vescovi con potestà deliberativa. E adesso che un sinodo come quello dell’Amazzonia prende una decisione a regolare maggioranza di due terzi, lui salta a pie’ pari la questione e non la menziona in alcun modo.

Confessava l’anno scorso il generale dei gesuiti, padre Arturo Sosa, che “all’interno della Chiesa si svolge una lotta” e che agiscono forze tese a influenzare il prossimo conclave e la scelta del successore di Francesco. Lo stop imposto ad aperture sull’ordinazione di uomini sposati e sul diaconato femminile fa parte di questa guerra civile sotterranea, che agita il cattolicesimo. Papa Francesco ha percepito di non avere nell’episcopato e tra i cardinali di tutto il mondo alleati sufficienti per imporre una svolta. Perché i papi sono onnipotenti quando sono conservatori, quando sono riformisti devono tener conto dei rapporti di forza interni alla Chiesa.

Con linguaggio simbolico Francesco ha riferito lunedì scorso a una delegazione di vescovi americani che sul tema dei sacerdoti sposati “non sentiva all’opera” lo Spirito Santo nell’attuale momento. Lo racconta l’arcivescovo John Charles Wester di Santa Fè. Paradossalmente anche gli avversari di Bergoglio usano beffardamente questo argomento. In rete si può leggere che “il Santo Padre da alcuni giorni (fortunatamente) è stato ricondotto dalla Spirito Santo a più miti consigli… Le sue esternazioni riguardo migranti e innovazioni fuori luogo nella Chiesa cattolica avevano da qualche tempo allontanato i fedeli. E la mano dello Spirito Santo, nella sua immensa grandezza, … ha indotto Sua Santità ad avere un atteggiamento più parco”. La guerra è guerra, dicono i romani.

Il colpo d’arresto provoca anche contraccolpi. E’ difficile credere che l’improvviso annuncio del cardinale Reinhard Marx di non volere più ripresentarsi a marzo per un secondo mandato alla guida della conferenza episcopale tedesca non abbia legami con l’esito del sinodo. Marx, grande sostenitore delle riforme bergogliane, deve avere capito che si è aperta una fase di stagnazione nel riformismo del pontificato. E certamente non gli va di passare i prossimi anni a difendere i “no” papali al clero sposato e al diaconato femminile: temi su cui lui stesso e una larga fetta del cattolicesimo di qua e di là dell’Atlantico sono estremamente sensibili.

Papa Francesco si ritrova oggi più solo, avendo suscitato delusione in una massa notevole dei suoi sostenitori. Il documento post-sinodale Querida Amazonia è molto bello e stimolante nella parte che riguarda le ingiustizie che colpiscono gli indigeni, l’importanza della salvaguardia della natura, la protezione di un ambiente culturale, la necessità di coinvolgere nella liturgia cattolica elementi fondanti delle tradizioni spirituali dei popoli amazzonici. E tuttavia il colpo per la mancata svolta sui preti sposati resta forte.

Perché il problema delle parrocchie prive di sacerdoti è ormai drammatico ovunque. Un parroco, incaricato di seguire cinque-sei-dieci parrocchie (come accade anche in Italia) non è più una guida comunitaria, ma rischia di diventare un funzionario che corre da un centro all’altro.

Ciò nonostante il documento del sinodo, votato dai vescovi, resta sul tavolo. Rappresenta un’istanza della gerarchia ecclesiale amazzonica. Non è cancellabile. Francesco, dicevano a Buenos Aires, “ha la testa di un politico”. Se si apriranno spazi, potrà sempre turare dal cassetto le deliberazioni sui diaconi sposati da ordinare sacerdote. Hanno un valore che non scade.

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