Intervistato dal Corriere della Sera, il cantante che più ha fatto discutere per la sua performance sul palco dell'Ariston racconta il suo rapporto con la famiglia, con la religione, con la politica: "Sono stato attaccato per aver difeso i migranti". Figlio di un professore universitario, ha vissuto con il fratello in una comune: "Ho visto per tutta la vita i miei farsi il culo e non riuscire, da questo è nata la mia ambizione"
Il padre professore universitario e avvocato, consigliere della Corte di Cassazione per meriti insigni. Il nonno paterno prefetto di Perugia e il nonno materno reduce della seconda guerra mondiale: Achille Lauro, l’enfant terrible dell’ultimo Festival di Sanremo, racconta la sua infanzia in una lunga intervista al Corriere della Sera sfatando la “leggenda nera” che lo accompagna da quando è diventato famoso: “Non si è mai innamorati di quel che si ha, si è sempre innamorati di quel che non si ha più”.
Nato a Verona (perché la famiglia della madre viveva lì) il cantante, che oggi ha 29 anni, è cresciuto a Roma, in periferia: “Ho visto per tutta la vita i miei farsi il culo e non riuscire, mio padre spaccarsi la schiena senza avere quello che gli spettava, mia madre fare lavoretti saltuari umilianti. Da questo è nata la mia ambizione”. A un certo punto, racconta, nella sua famiglia “ci fu una crisi” e lui e il fratello maggiore andarono “a vivere in una comune” in mezzo a gente che dipingeva, suonava, incideva: tra di loro, anche il rapper Gemello. “Sono stato in tutte le scuole. Almeno dieci. Mi cacciavano, me ne andavo, non ci andavo”. E smentisce anche le voci secondo cui da ragazzo rubava e spacciava droga: “Sono cresciuto in un ambiente difficile, in mezzo a persone problematiche. Ma Sanremo è il frutto di quindici anni di impegno. Se avessi buttato il tempo in queste sciocchezze non sarei qui”. Quando è arrivato il successo, con i primi soldi guadagnati ha riscattato i gioielli di sua nonna Flavia, che li aveva consegnati al Monte dei Pegni. All’origine della fama di ‘cantante maledetto’, dice, il suo primo libro, biografia “romanzata” che invece è stata presa alla lettera: “Nelle periferie la droga esiste. Far finta che non esista è più sbagliato che parlarne. È una piaga sociale che non va nascosta: ne va dato un giudizio negativo”.
Tra i momenti più chiacchierati di questo Sanremo, sicuramente ci sono i suoi abiti tutti griffati Gucci “Alessandro Michele è un uomo del Settecento, un genio” e il suo bacio con BossDoms, il suo chitarrista. Ma alla domanda sul suo orientamento sessuale risponde serafico: “Lo lascio al caso”. Segue “poco” la politica e vota “poco”, però crede in Dio: “Non mi appoggio alla religione standard, ma credo in qualcosa di superiore. Come potrei, proprio io, non credere? Dopo essere passato da situazioni assurde? Sarebbe un’offesa a tutto quello che ho”. E ai giovani dice: “Canto per dire ai ragazzi di non sprecare il loro tempo: prima capisci quello che vuoi fare, prima arrivi al successo. E il successo non è la fama; è la riuscita del proprio percorso”.