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Il riconoscimento facciale può essere utile per la sicurezza dei cittadini. Meno per la riservatezza

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Sapevate che esiste il Sistema Automatico di Riconoscimento Immagini (Sari)? È attivo almeno dal 2018 ed è gestito dalla Polizia di Stato. Consente di risalire alle nostre identità mediante il confronto di volti su una lista di candidati selezionati dal sistema tra tutte le foto segnaletiche presenti nella banca dati Afis (Automated Fingerprint Identification System).

In questo momento due milioni di italiani possono essere identificati tramite questo sistema di identificazione facciale, un numero enorme. Infatti, secondo quanto ha reso noto il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia alla Camera, rispondendo a una interrogazione dei deputati Stefano Ceccanti e Filippo Sensi, la banca Afis contiene “17.592.769 cartellini foto-segnaletici, acquisiti a norma di legge, corrispondenti a 9.882.490 individui diversi, di cui 2.090.064 si riferiscono a cittadini italiani”.

Certamente la tecnologia può essere di grande utilità per difendere la sicurezza di tutti noi, ma in che modo e quali soggetti intervengono nella raccolta di quelle informazioni? Negli Usa e in Gran Bretagna si fa largo uso di queste pratiche: secondo una recente inchiesta del quotidiano New York Times, le forze dell’ordine e di sicurezza americane si avvalgono di una app per il riconoscimento facciale, ideata da una piccola azienda, Clearview Al. Il sistema si baserebbe su un database di oltre tre miliardi di immagini che l’azienda afferma di aver “raschiato” da Facebook, YouTube e milioni di altri siti web, scrivono i due interroganti.

A che punto sono le multinazionali con l’uso di questo sistema? Ah, saperlo… accontentiamoci di qualche notizia presa qui e lì: ad esempio, André Calantzopoulos, 62 anni, greco, dal 2013 Ceo di Philip Morris, ha fatto sapere qualche giorno fa in una intervista al Corriere che il prossimo mese la casa del tabacco lancerà una app. Certo, il fumo fa male ma la faccenda non è rassicurante. Intanto, la Commissione Ue pubblicherà a breve un ‘white paper‘ per regolare meglio le nuove tecnologie emergenti e tra i nodi al vaglio di Bruxelles c’è proprio la delicata questione del riconoscimento facciale che potrebbe addirittura essere vietato: ipotesi che la dice lunga sulla delicatezza del sistema e sui suoi risvolti ‘predatori’.

Da noi come funziona la raccolta dati? E quali soggetti intervengono? Anche la banca dati Afis ‘pesca’ nei social? Non lo sappiamo, ma sappiamo di certo che il riconoscimento facciale solleva rilevanti questioni di tutela della nostra riservatezza. Questioni aperte del tempo presente.

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