Cresciuto nel far west della Maremma toscana, a Val di Campo di Vetulonia, patria della Palla Eh, un gioco che risale agli antichi Romani, Lucio Corsi potrebbe essere un personaggio uscito dalla penna di Stefano Benni. E invece, lontano anni luce dai clamori di festival, talent e trapper vari, Lucio è uno Ziggy Stardust finito chissà come nei giorni nostri. I suoi dischi sono un compendio tra vecchio e nuovo, di essi si apprezzano le capacità nel dosare gli ingredienti, dalla musica popolare allo stile sognante, e la cura negli arrangiamenti.
È uno da tenere d’occhio Lucio Corsi, cantautore dallo stato d’animo poetico, con un’innata predisposizione a esser ricettivo nei confronti della natura che fa sì che i suoi pensieri ne abbiano la stessa vivezza e spontaneità. Perciò gli riesce così bene trovare la giusta gradazione alle parole, trattare argomenti seri e faceti con la stessa leggerezza, rivestirli di una sofisticata surrealtà.
Cosa faremo da grandi? è la sua ultima fatica, un disco letterario e velatamente ambizioso, composto da 9 brani, “nove storie vere sotto forma di bugie”, pieni di luccichio pop (Freccia Bianca su tutti, con quel riff di chitarra iniziale che rimanda al glam dei T-Rex) e momenti di introspezione poetica (Onde, Bigbuca) dove la perfezione e l’imperfezione seguono una traiettoria comune.
Lucio, sei reduce da ospitate in tv, le riviste musicali sopravvissute ti dedicano ampi spazi, ormai sei mainstream?
Mi ha fatto molto piacere ricevere quel tipo di attenzione, ma riguardo al mainstream non è qualcosa a cui ambisco, l’importante è aver fatto un disco che mi soddisfi e riuscire a portare avanti un’idea di progetto musicale senza compromessi, facendo le cose che davvero mi piacciono e mi rendono felice.
Qual è il concetto che si cela dietro il nuovo disco?
Dopo l’album Bestiario Musicale del 2017, che era un concept album, non volevo ripetermi, perché un concept richiede un certo tipo di scrittura. Questo, invece, volevo che fosse un disco classico, dove ogni canzone parlasse di un mondo suo, di una storia sua, di personaggi suoi. E lo fosse anche negli arrangiamenti: ogni canzone ha un’età differente e uno stile di vita differente.
C’è un artista che consideri un modello da seguire?
Io amo un certo tipo di cantautorato degli anni passati, come quello di Paolo Conte e Ivan Graziani: ho notato che le loro canzoni spesso raccontano storie senza tempo e fuori dal comune. Oggi, invece, si tende a parlare di un momento, di una data o di un periodo ben preciso e questa cosa mi annoia. Per me scrivere canzoni è come dipingere un quadro: voglio avere carta bianca senza che ci sia qualcosa di predefinito. Ecco, quelle in Cosa faremo da grandi? sono canzoni diverse che vanno a vivere nello stesso posto.
Qual è il posto che più ti ispira per scrivere?
Val di Campo di Vetulonia, tra le tombe etrusche.
Hai delle regole che ti sei imposto come artista?
Non credo nell’ispirazione che ti arriva all’improvviso, bensì come un artigiano bisogna applicarsi, darsi un metodo ed essere costanti.
Quali artisti fanno parte della playlist della tua vista?
Sicuramente Paolo Conte, Brian Eno, Randy Newman, Lou Reed, David Bowie, e poi Elton John, Lucio Dalla, senza dimenticare Bob Dylan e Ivan Graziani.
Uno uscito di recente che ascolti spesso?
In questo periodo mi sono appassionato al disco Designer della cantautrice neozelandese Aldous Harding. Il brano che consiglio è The Barrel.
Al Festival di Sanremo ci andresti?
In questo periodo della mia vita no, ma non si può mai dire, dipende da quel che si ha da proporre: De André diceva che è un concorso di ugole, e per me che non canto bene non credo sia il posto adatto.
Internet: è una risorsa o ci rende più stupidi?
Bisogna trovare il giusto modo di approcciarsi, come in tutte le cose. Ma credo che sia più una risorsa.
Qual è il tuo passatempo sul Web?
Guardare video musicali, documentari, scovare reperti che sono dei veri e propri tesori: ultimamente ho trovato un video il cui protagonista è Giorgio de Chirico che spiega i suoi quadri, una cosa fantastica.
I social li frequenti?
Vado a periodi: ci sono giorni in cui mi diverto a usarli e cerco di curarli, poi ci sono altri in cui non me ne frega niente anche se è controproducente.
Sei considerato artista glam per la cura nel vestiario, molto ricercato, ma di quale corrente artistica ti sarebbe piaciuto far parte?
Magari di una futura corrente artistica della quale non si conosce ancora il nome. Sono un appassionato del glam rock, è vero, di quel tipo di estetica, delle foto di Mick Rock che immortalano Lou Reed, Marc Bolan, Iggy Pop, David Bowie, ma non sono un appassionato di moda.
Tua madre è l’autrice della copertina del disco. Che rapporto avete?
Direi ottimo. Lei lavora nel ristorante di mia nonna ma dipinge per hobby, e le fa piacere utilizzare i suoi dipinti per i miei lavori. Per me avere un quadro come copertina è un valore aggiunto.
E tu, cosa farai da grande?
Ancora non lo so, ora sono tutto preso dalla tournée, ci penserò poi.
Le prossime date del Cosa faremo da grandi? tour
- FEB 15 SABATO Teatro Lumière PISA (PI)
- FEB 27 GIOVEDI Hiroshima Mon Amour TORINO (TO)
- FEB 28 VENERDI Locomotiv Club – Ingresso riservato ai Soci AICS BOLOGNA (BO)
- FEB 29 SABATO Locomotiv Club – Ingresso riservato ai Soci AICS BOLOGNA (BO)
- MAR 01 DOMENICA Auditorium Parco della Musica – Studio Borgna ROMA (RM)
- MAR 07 SABATO Officina Degli Esordi BARI (BA)
- MAR 14 SABATO Santeria Toscana 31 MILANO (MI)