Il tribunale di Mansura ha respinto la richiesta di scarcerazione presentata dai legali di Patrick George Zaky, lo studente egiziano dell’Università di Bologna arrestato il 7 febbraio al rientro nel Paese con le accuse, tra le altre, di propaganda eversiva e tentativo di rovesciare il regime. “Il ricorso è stato respinto”, ha comunicato uno dei legali del ragazzo, Wael Ghaly, al termine di un’udienza durata appena dieci minuti. Gli avvocati rassicurano: “Sta bene”.
La corte non ha fornito alcuna motivazione riguardo al respingimento della richiesta, spiegano i legali dello studente. Si trattava solo di un’udienza chiamata ad “accettare o respingere” il ricorso contro la custodia cautelare. “Patrick George è accusato di aver diffuso notizie false e comunicati tesi a turbare la pace sociale, incitare a manifestazioni non autorizzate”, ha ricordato una fonte giudiziaria. “E questo – ha aggiunto – allo scopo di sminuire il prestigio dello Stato, turbare la quiete e la sicurezza pubblica istigando a rovesciare il potere e a propagare idee di natura tale da sovvertire i principi fondamentali della Costituzione”.
All’udienza hanno assistito anche quattro diplomatici: due di Italia e Svezia che rappresentavano l’Unione europea nell’ambito del programma di monitoraggio, oltre a uno statunitense e a un canadese.
Delusione da parte di Amnesty International, organizzazione che per prima e più di tutte ha dato risalto al caso del giovane studente: “C’è delusione, avevamo sperato in un esito diverso. C’erano segnali che potesse andare diversamente. Un’aula piena di giornalisti, internazionali ed egiziani, di diplomatici, italiani inclusi. Ma non è servito a nulla”, ha dichiarato all’Ansa Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia. “Adesso ripartiamo con una campagna ancora più forte, più viva, ancora più determinati”, ha aggiunto.
Anche il ministro per l’Università e la Ricerca, Gaetano Manfredi, ha commentato la decisione dei giudici egiziani: “Bisogna continuare a monitorare con attenzione e attraverso gli organismi internazionali, come si sta facendo, questa vicenda, in maniera tale che vengano garantiti i diritti di Zaki. Occorre fare in modo che il procedimento sia il più trasparente possibile, nel rispetto delle regole. Credo che l’impegno a livello internazionale sia forte e questo sicuramente rappresenta il primo passo per sperare in una soluzione positiva di questa vicenda”.
Arrivato in tribunale in manette, il ragazzo ha risposto ai cronisti che gli chiedevano come stava: “Tutto bene”, ha detto confermando le informazioni trapelate dopo l’ultima visita dei genitori in carcere, il 13 febbraio, nel corso della quale si era detto preoccupato soprattutto per gli esami che avrebbe dovuto sostenere a marzo e per il rischio di perdere la borsa di studio. Anche uno dei suoi avvocati, Houda Nasrallah, ha confermato che “fisicamente sta bene, ma è spaventato”. Anche Gasser Abed El Razek, direttore esecutivo dell’organizzazione non governativa “Eipr” per cui lavora il giovane, ha assicurato che “sta molto meglio rispetto a giovedì”, quando ha ricevuto la visita dei parenti. El Razek, parlando a giornalisti in un caffè di Mansura, ha confermato che le autorità egiziane chiedono costantemente al giovane se in carcere venga trattato bene.
L’Egyptian Initiative for Personal Rights in un comunicato è tornata a chiedere “l’immediato rilascio di Patrick George Zaki senza incriminazioni, nonché indagini su tortura e maltrattamenti”. L’ong ha ricordato anche che gli è “stato presentato un rapporto di polizia che si riferisce falsamente al suo arresto a un posto di blocco a Mansoura”, nonché le “torture subite durante la detenzione illegale, esperienza che lui ha raccontato in dettaglio ai giudici oggi”, e l’essere stato “interrogato su temi che non sono legati alle accuse rivoltegli dai procuratori”.
Sotto esame del tribunale era il ricorso dei legali di Zaki contro la detenzione di 15 giorni decisa l’8 febbraio. Con il respingimento resta fissata l’udienza del 22 febbraio in cui i giudici decideranno se prorogare o meno la custodia cautelare di altri 15 giorni in base all’eventuale necessità di ulteriori indagini.
Quando i legali del ragazzo erano riusciti a fissare l’udienza per il ricorso, tra i familiari e coloro che chiedono la scarcerazione del ragazzo era circolato un po’ di ottimismo. Questo perché in Egitto il riesame non viene quasi mai consultato, in particolare nei casi che vedono coinvolti detenuti politici, per i quali la custodia cautelare in attesa di processo può venire rinnovata più volte e per molto tempo.
Contro di lui rimangono cinque capi d’accusa, tra cui “tentativo di rovesciare il regime, uso dei social media per danneggiare la sicurezza nazionale, propaganda per i gruppi terroristici e uso della violenza”.