Un “devastante danno per l’economia meridionale”. C’è anche questa riflessione nella richiesta della Procura di Bari presentata al giudice per le indagini preliminari con cui nel luglio 2019 invocava l’arresto degli ex amministratori della Banca Popolare di Bari, in particolare di Marco e Gianluca Jacobini, padre e figlio, rispettivamente ex presidente ed ex co-direttore dell’istituto di credito, di Elia Circelli, responsabile bilanci della banca (tutti e tre finiti ai domiciliari il 31 gennaio) e dell’ex ad Vincenzo De Bustis Figarola (interdetto).

“Il doloso progetto degli indagati è stato quello di salvare l’immenso potere di gestione del più grande istituto bancario meridionale, oltre che per arricchimento personale, a spese di 70.000 azionisti, la maggior parte costituita da pensionati, dipendenti, piccoli risparmiatori, che hanno sostanzialmente perso (attesa l’illiquidità) la incredibile somma di 800 milioni di euro raccolti. La sottrazione di questa enorme somma all’economia locale – scrivevano gli inquirenti – per finanziare imprenditori legati agli Jacobini in imprese fallimentari costituisce un devastante danno per l’economia meridionale”.

L’inchiesta sul crac della banca barese – 9 indagati – è sfociata quindi in una serie di misure cautelari chieste e ottenute dal procuratore aggiunto Roberto Rossi e dai pm Federico Perrone Capano e Savina Toscani, che contestano a vario titolo 21 imputazioni, 12 delle quali riconosciute dal gip Francesco Pellecchia: ci sono 13 falsi in bilancio commessi tra il 2014 e il 2018, un falso in prospetto, 6 condotte di ostacolo alle funzioni di vigilanza e controllo di Consob e Banca d’Italia e un ultimo episodio di maltrattamenti ed estorsione su un ex dipendente, rigettato dal giudice nella misura cautelare.

I magistrati che hanno firmato la richiesta di arresto – l’aggiunto Roberto Rossi con i sostituti Lidia Giorgio, Savina Toscani e Federico Perrone Capano – evidenziano la “gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato. Nella specie non è stata contestata la truffa, ma non vi è dubbio che le omesse informazioni nei prospetti costituisca il reato di truffa”. Ma non solo: “I funzionari – spiegano i pm – eseguivano gli ordini degli Jacobini, ‘aggiustando le poste contabili, indicando un utile sempre presente, così da creare una fiducia in capo ai clienti della Banca che sottoscrivono le azioni BpB inconsapevoli del rischio”. Secondo le indagini, inoltre, “per perfezionare la raccolta del risparmio necessario alla propria ricapitalizzazione, veniva predisposto un programma di profilatura della clientela non idoneo a rendere edotta quest’ultima dei reali rischi derivanti dalla sottoscrizione degli strumenti finanziari emessi, tenuto conto dell’età, del grado di istruzione e delle esigenze di liquidità degli investitori”.

Gli arresti erano stati richiesti dopo il commissariamento varato dal governo Conte per diversi motivi. In primis, le mosse degli Jacobini per “l’occultamento dei profitti illeciti” al punto che, poche ore prima dalla decisione del Consiglio dei ministri, hanno trasferito dai loro conti correnti, cointestati alle rispettive mogli, somme per complessivi 5,6 milioni di euro verso Banca Sella e poi verso la Banca Popolare Pugliese con decine di assegni circolari e bonifici intestati anche a società a loro riconducibili, un’agenzia Allianz e la Società Agricola Masseria Donna Giulia srl (leggi). “Trattasi di operazioni poste in essere nella imminenza della formalizzazione del commissariamento (e tutt’ora in corso) – si legge negli atti – che dimostrano l’intenzione di sottrarre i profitti illeciti ad eventuali operazioni di sequestro”. Le operazioni – come ricostruito in cinque note dell’Unità di informazione finanziaria di Bankitalia – sono avvenute tra il 12 e il 13 dicembre scorsi, mentre si decideva il commissariamento, e sono proseguite anche a ridotto delle festività natalizie.

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