“I mercati hanno reagito male”, “Positività del mercato”, “Destabilizzazione dei mercati”, “Crollo dei mercati”, “Gli speculatori azzannano il mercato”. Alzi mano chi non ha mai sentito queste locuzioni almeno una volta nella vita. Le sentiamo ripetere in loop dai principali mezzi d’informazione.
Capiamo che i mercati si muovono e che provano emozioni. Ma perché sono così sensibili e, soprattutto, a cosa sono così sensibili? Come si formano i prezzi sui mercati finanziari? Cosa fanno gli speculatori?
Ai mercati finanziari, soprattutto quello azionario, molti “presunti” investitori si approcciano in un modo ritenuto quasi infallibile: attraverso l’intelligenza razionale. Alcuni credono che applicando qualche teoria economica-finanziaria, presa da internet o letta in qualche libro mentre si aspetta un treno, possano ascendere come lupi di Wall Street.
Fate attenzione! Le teorie possono essere anche giuste, ma occorrono anni di studio per essere davvero preparati in materia e, poi, oltre gli aspetti tecnici c’è di più. L’intelligenza razionale non basta. Ciò che muove davvero i mercati, che tocca la sensibilità, che li fa reagire in maniera inconsulta, è l’intelligenza emotiva. Se non si riesce a controllare le proprie emozioni non si va da nessuna parte.
Quando dobbiamo decidere il destino dei nostri soldi entrano in gioco le emozioni. Questo è ciò che sanno i mercati (e gli speculatori) ed è per questo che oscillano, che vanno dal panico all’euforia. I mercati stessi sono emotivi, non razionali e il loro andamento spesso non rispecchia il valore del bene bensì le emozioni che i soggetti coinvolti nel mercato riversano sul bene. Sui mercati non c’è quasi mai coincidenza tra prezzo e il “giusto valore” (fair value): è l’emotività degli investitori a stimolare la domanda e l’offerta del mercato.
Quando un mercato è in rialzo può esserci una crescita economica ma può anche rispecchiare una fase di euforia degli investitori. Stessa cosa per il ribasso, può esserci crisi ma anche paura.
Prendete il titolo della Juve e andate a vedere ciò che è successo nel giugno scorso quando si vociferava che sulla panchina dei bianconeri sarebbe arrivato Pep Guardiola. In quel periodo il valore dell’azione Juve aumentò del 30%, mica perché avevano preso davvero Guardiola. No, è aumentato perché la notizia dell’arrivo del catalano portava entusiasmo negli investitori.
Ripercorriamo quella dinamica. Il prezzo di un’azione oscilla quando c’è una notizia positiva che coinvolge la società. “La Juve ha in mano Guardiola”, il titolo schizza. Ora, facciamo che il prezzo reale di un’azione Juventus valga 1, l’emozione Guardiola porta quel prezzo a 4, oltre il suo effettivo valore.
Le notizie però, si sa, si espandano step by step. Arrivano prima a poche persone, quelle vicine all’azienda (insider): “Sai che Andrea ha parlato con Pep?”. Il prezzo delle azioni aumenta leggermente per effetto della domanda.
Poi entrano in scena gli analisti fondamentali, cioè quelli che leggono i bilanci, notano il dato, cercano di individuare il valore effettivo prospettico dell’azienda (Guardiola porta con sé sponsor e fatturato), rilevano l’aumento di valore e comprano a mani basse, sicuri dell’affare.
Nella city di Londra, ad esempio, il matrimonio tra il tecnico dei Citizens e i bianconeri è dato per fatto (da giorni!). La notizia comincia a diffondersi, il prezzo sale ancora. A questo punto intervengono gli analisti tecnici, quelli che leggono le statistiche e i grafici per prevedere l’andamento di un titolo e che sono più numerosi dei “fondamentalisti” . Il momento è favorevole, decidono di acquistare.
A questo punto il titolo è alle stelle, Guardiola-Juve non è fatta ma il titolo è alle stelle. La notizia è arrivata agli investitori comuni: media, risparmiatori, operatori del settore (banche, consulenti, ecc). È un affare! A questo punto ci entrano tutti, anche chi non aveva mai investito. Questo è il “parco buoi” in gergo, perché come i buoi tutti vanno nella stessa direzione anche non conoscendola.
Inizia il declino, non perché forse sarà Sarri il nuovo tecnico ma perché gli insider (i primi investitori) cominciano ad uscire, hanno già portato a casa un grande guadagno. Dopodiché disinvestono anche parte degli analisti fondamentali e il prezzo scende ancora. Gli analisti tecnici leggono i grafici, fuori in massa, il prezzo crolla. Restano gli ultimi entrati (gli investitori comuni) che, presi dalla paura, vendono: il titolo sprofonda oltre il suo valore intrinseco. Inizia la fase del panico. Il ciclo si chiude quando le emozioni abbandonano il titolo, che risale lentamente e torna a prezzare il suo valore effettivo.
La lezione numero uno per gestire i mercati finanziari è: capire il valore e da dove deriva. Il valore intrinseco dei mercati oscilla per i cicli emotivi degli investitori, ma nel lungo periodo riflette la crescita effettiva di ricchezza globale. E negli ultimi 2000 anni la produzione di ricchezza globale, che rappresenta l’evoluzione della nostra civiltà, cresce anno dopo anno. Durante gli anni abbiamo assistito a crolli del mercato segnati dalla paura e nelle situazioni estreme perdono solo coloro che fuggono intimoriti, che non riescono a tenere nel momento di disagio.
La borsa non è un gioco, non esiste “giocare in borsa”, non lasciatevi influenzare dalle dicerie popolari, da quell’amico che vi dice di aver fatto un sacco di soldi. Per stare sui mercati, soprattutto azionari, c’è bisogno di conoscenza. Non consapevolezza finanziaria, ma conoscenza, è un livello superiore. Conoscenza e freddezza. Non è per tutti.