Fuori la seconda: è la Lazio l’anti-Juve, forse non soltanto per una sera. Se la sfida dell’Olimpico doveva dire chi è la vera rivale della Juventus, il 2-1 promuove i ragazzi di Simone Inzaghi e rimanda quelli di Antonio Conte, per cui a questo punto diventa decisivo lo scontro diretto di Torino fra due settimane. Più cattiva, più fortunata, semplicemente più brava la Lazio a ribaltare una partita che si era messa male dopo lo svantaggio iniziale e che invece l’Inter ha avuto la leggerezza di non saper gestire, tradita dal suo secondo portiere che, come già nel derby, si è rivelato non all’altezza di questo ruolo un po’ ingrato.

L’Olimpico tutto esaurito, lo stadio tutto biancoceleste, una coreografia per ogni settore e per qualche sprazzo persino cori interisti, dei tifosi nerazzurri arrivati in massa da Milano. Se fosse davvero una sfida scudetto lo dirà il tempo. Così la sentiva l’ambiente, così l’ha vissuta lo stadio e l’hanno giocata le due squadre. A partire dagli allenatori: Conte e Inzaghi pensano soprattutto all’avversario, dimostrando il peso della posta in palio. Da una parte Eriksen va ancora in panchina, come già nel derby, per lasciare spazio all’usato sicuro, alla cerniera Vecino-Barella che magari non avrà la qualità del danese ma garantisce più quantità e automatismi. Fra i padroni di casa, al posto di Lazzari c’è Marusic che quest’anno aveva giocato solo sei volte dall’inizio ma presidia meglio la fascia.

Il problema, però, Inzaghi ce l’ha dall’altra parte, dove dopo l’infortunio di Lulic (operato, ne avrà per un po’) resta solo Jony, che però già all’andata proprio contro l’Inter aveva mostrato le sue lacune in fase difensiva: troppo largo o troppo stretto, poco aiutato da Radu che ha il suo da fare in marcatura sulle due punte, lo spagnolo va in costante affanno su Candreva. Sarà sostituito nel secondo tempo.

È su quell’asse che l’Inter imposta la sua partita, anche se è una prestazione di rimessa. Come già visto altre volte contro avversari importanti, a Napoli ad esempio, i nerazzurri aspettano, difendendo bassi con una linea a 5, per poi provare a ripartire. Quando ci riesce. In avvio pochissimo: il pressing della Lazio è feroce, si ferma solo sulla traversa colpita da Milinkovic con un destro terrificante dai trenta metri. Col passare dei minuti però i nerazzurri prendono le misure e sanno rendersi pericolosi. Può succedere quando Candreva prende alle spalle Jony, oppure con un contropiede orchestrato da Brozovic e concluso da Lukaku sul corpo di Strakosha. Lentamente l’inerzia scivola dalla parte degli ospiti, che nel loro momento migliore, a fine primo tempo, rompono l’equilibrio: il gol nasce sempre da destra, con il solito Candreva, sempre libero anche di concludere, e con la respinta imperfetta del portiere su cui è bravo Young a ribadire in rete al volo.

Giusto il tempo di godersi il riposo in vantaggio, perché alla ripresa la Lazio ha il merito e la fortuna di trovare immediatamente il pareggio: su rigore con Immobile, toccato dal fischiatissimo ex De Vrij mentre colpiva a botta sicura in mezzo all’area una palla sporca di un pasticcio tra Skriniar e Padelli. L’Inter, che poteva gestire un secondo tempo ideale, si ritrova di nuovo in balia degli avversari. E va addirittura sotto, ancora con un pallone vagante da calcio angolo su cui Milinkovic è il più veloce a toccare (e Padelli decisamente il più lento a tuffarsi). A quel punto Conte non ha più niente da aspettare, inserisce Moses e Eriksen. Lautaro segna ma in fuorigioco, Padelli si riscatta con una gran parata su Immobile quando ormai è troppo tardi. La Lazio sogna, l’Inter ha imparato una lezione: per vincere lo scudetto ci vuole anche un secondo portiere.

Twitter: @lVendemiale

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