Breve la navigazione felice delle Sardine? O meglio, del quartetto bolognese dei loro promotori: Andrea Garreffa, Roberto Morotti, Giulia Trappoloni e il frontman Mattia Sartori, ridanciano come il testimonial nello spot di Rossopomodoro; la nota catena di pizzerie e ristoranti di cucina mediterranea.

Come lasciano pensarlo gli incidenti di percorso che ora costellano il movimento; subito dopo lo straordinario successo mediatico di aver sottratto le piazze all’occupazione salviniana, durante le elezioni regionali del mese scorso. Buon ultima la dichiarazione scriteriata per cui la manifestazione contro il taglio al privilegio parlamentare del vitalizio – taglieggiamento dei cittadini al limite della grassazione a mezzo privilegio elettivo – sarebbe “strumentale”. Ma per che cosa, di grazia?

Presa di posizione che potrebbe essere liquidata come “parole in libertà”, se non fosse stata preceduta da altre mosse infelici. Vedi la scampagnata in visita alla Fabrica dei Benetton, in un clima che ha dato la stura alla smarronata di Oliviero Toscani sul Ponte Morandi (preclaro esempio di servitù volontaria come bacio della pantofola al proprio datore di lavoro): “ma a chi interessa che caschi un ponte” l’esternazione del noto fotografo sulla catastrofe genovese, che il 14 agosto 2018 provocò la morte di 43 persone e la messa sotto accusa per omissioni colpose e occultamenti omertosi della verità da parte del gestore Autostrade; società multimilionaria per rendita di posizione monopolistica controllata dai magliari miliardari di Ponzano Veneto.

Prima ancora la lettera-manifesto inviata al Presidente del Consiglio Conte, che affastellava innocue banalità; mentre innocuo non è apparso l’invito (poi revocato) a partecipare alla manifestazione romana rivolto a CasaPound.

Aggiustamenti in corso d’opera o piuttosto mosse maldestre, rivelatrici della reale cultura politica dei ragazzi bolognesi? Difatti ha certamente ragione Andrea Scanzi quando rileva una sorta di loro comunanza con il Renzismo, inteso come semplificazione banalizzatrice sul furbesco; finalizzata a intercettare il consenso di vaste platee pre-politiche, su cui un qualunquismo da bar sport continua a esercitare la propria presa sicura. Se il (tombale) referendum Renzi-Boschi ruotava attorno alla soluzione arcaica e demagogica di risolvere qualsivoglia problema dando delega in bianco al solito uomo del destino e bypassando ogni procedura di confronto democratico – “che tanto fa perdere tempo” – quale è il messaggio forte che ha mobilitato migliaia di cittadini al richiamo delle sardine, se non un appello buonista all’abbassamento dei toni; a fronte delle performarces urlatorie del truce Salvini? Difatti adesso scopriamo che il Sartori era un sostenitore del Renzi-Boschi, così come di ogni perbenismo legge-e-ordine; infastidito dagli spunti vagamente critici che potrebbero disturbare il manovratore. Evidenziato dall’uso sprezzante/superficiale del termine “populista”, considerato sinonimo d’irresponsabilità e caos.

Insomma, le proto-sardine si rivelano sul lato “sinistra di papà” quello che le Madamin di Torino, propugnatrici entusiaste del Tav senza sapere di cosa si tratti, lo erano sul fronte bennato dell’Internazionale bridgiste piemontesi. Destinate le une come le altre a sparire dalla scena dopo aver svolto il compito di agitare la piazza per conto di organizzazioni che non erano in grado di farlo in proprio. Ottenendo un temporaneo successo con il mix rassicurante di luogocomunismo e perbenismo.

Nel caso delle sardine, resta il fatto che ai loro appuntamenti è tornato a riunirsi un popolo che si ritrova da anni quando gli viene data l’opportunità: girotondini, popolo viola, se non ora quando… Magari con motivazioni un po’ più serie di una ritaratura del linguaggio politico secondo il galateo costituzionale.

Io stesso, presente nella piazza genovese al richiamo delle sardine il 28 novembre scorso, ho ritrovato volti incontrati tante altre volte in passato. Sempre in attesa di un qualcosa che fosse un po’ meno effimero delle trovate sceniche.

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