Gianbruno Cecchin, ex docente di filosofia a Ca' Foscari, ha scritto a metà dicembre al vescovo Tomasi per denunciare di avere subito abusi sessuali da sacerdoti: "Mai potrò dimenticare quei pomeriggi. Ma se Papi, Cardinali, Vescovi archiviano (o meglio insabbiano), Dio non archivia". I suoi avvocati sono pronti a depositare una denuncia in procura. I sacerdoti si difendono ritenendo "infondate" le accuse
“Li ho visti io con i miei occhi ragazzi più che ventenni uscire dalla porta del Palazzo Vescovile alle 3 di notte. Erano andati a fare direzione spirituale, ci teneva molto… (il monsignore, ndr) alle vocazioni…”. L’atto d’accusa riguarda fatti che sarebbero avvenuti molti anni fa. Probabilmente non penalmente perseguibili, visto che non avevano come protagonisti dei minorenni, bensì un prelato e dei ragazzi di maggiore età. Eppure, in una realtà di provincia come quella di Treviso, è sicuramente un comportamento che, se provato, desterebbe scandalo. La denuncia è contenuta nella lettera che il professor Gianbruno Cecchin, per alcuni anni docente di filosofia a Ca’ Foscari, nonché assessore alla pubblica istruzione del Comune di Galliera Veneta (Padova), ha scritto a metà dicembre al vescovo Michele Tomasi, arrivato da poche settimane in Veneto, proveniente da Bressanone.
“Ho esitato molto prima di inviarle questa lettera in quanto nuovo presule di Treviso…”. Comincia così la missiva, preludio della clamorosa iniziativa che i legali del docente si preparano a compiere nei prossimi giorni, con la presentazione di una denuncia alla Procura della Repubblica per i presunti abusi che l’uomo, all’epoca appena maggiorenne, avrebbe subito nel 1991 quando era uno degli allievi del Seminario di Treviso. Uno scenario impressionante, dove compaiono i nomi di due sacerdoti, oggi parroci. Ma viene citato anche un uomo di Chiesa che ha svolto un’importante carriera ecclesiastica, fino a diventare vescovo, estraneo però ai presunti abusi. I primi due vengono indicati come gli autori delle violenze che hanno marchiato la vita del seminarista, poi laureatosi in filosofia. Il terzo è additato come il protagonista di non meglio precisate frequentazioni notturne del Palazzo vescovile e in epoco non indicata. Si tratta di fatti la cui autenticità dovrà essere verificata dall’autorità giudiziaria e da quella canonica.
Comunque la lettera elenca una lunga serie di sospetti che probabilmente il tempo trascorso renderà privi di conseguenze, ma tuttavia non ne altera la gravità. Infatti, il professore Cecchin scrive: “I reati e i crimini che hanno commesso questi criminali sono andati ovviamente in prescrizione, ma in prescrizione non andranno mai il mio dolore, le mie lacrime, i miei traumi subiti. E se Papi, Cardinali, Vescovi archiviano (o meglio insabbiano), Dio non archivia!!”. Aggiunge, rivolgendosi al vescovo Tomasi: “Mai potrò dimenticare quei terribili e nefandi pomeriggi a fare ‘direzione spirituale‘ all’interno della camera del verme strisciante: ma Eccellenza – chiedo a lei – si può fare direzione spirituale in camera? E perché non in uno studio come tutti gli altri preti?”. A queste frasi la Curia di Treviso ha risposto ricordando come il seminarista all’epoca fosse maggiorenne, quasi ad allontanare i sospetti di pedofilia, per il fatto che egli avesse già compiuto 18 anni.
Gianbruno Cecchin ha rincarato: “Mi sono sentito in dovere di scriverle e di raccontarle (risparmiandole e tralasciando appositamente dettagli raccapriccianti sulla mia vicenda) quello che a me è successo e a metterla in guardia (se mi permette) sul fatto che anche la diocesi di Treviso ha all’interno del suo presbiterio dei preti pedofili maledetti e infami”. E ancora: “Sappia che se verrò chiamato a portare la mia testimonianza, dovrò raccontare tutto quello che ho raccontato a lei in questa mia lettera, aggiungendo però altri particolari meno gradevoli, ma estremamente veri”.
È a quel punto che fa “pubblicamente i nomi dei due sacerdoti pedofili che ho avuto l’orrore di conoscere: ora sono due parroci, negli anni ’90/’91 erano rispettivamente il responsabile della Comunità Vocazionale e l’altro assistente della stessa. Ho dato mandato ai miei legali di comunicare i nomi dei due alla Procura della Repubblica competente”. Uno di loro, intervistato anonimamente dalla Tribuna di Treviso ha dichiarato di essere “sereno”, ritenendo infondate le accuse.
Un sacerdote è parroco a San Donà di Piave, un altro a San Martino di Lupari. Intervistato da Il Gazzettino, è corso in loro soccorso il vescovo di Vittorio Veneto, monsignor Corrado Pizziolo: “Una storia inverosimile. Ho lavorato con questi sacerdoti per oltre trent’anni. Mi fido di loro più che di me stesso. Sono persone dalla reputazione cristallina. Chiedo a Cecchin cosa gli sia venuto in mente. Non era un bambino. Anche ammesso che avesse visto o subìto qualcosa di strano, avrebbe avuto la possibilità di denunciare e opporsi immediatamente, non dopo 30 anni”. Insomma, la Chiesa trevigiana fa quadrato e difende i sacerdoti. Ma sicuramente le polemiche dureranno ancora a lungo.