“Ricevo la pensione e ho lavorato tutta la mia vita, non capisco perché devo fornire tutti questi dati bancari. Sono qui da tanti anni, perché mi trattano come se non esistessi?”. A chiederselo è Antonio Finelli, oggi 95enne, che vive in Gran Bretagna dal 1952. Malgrado riceva la pensione da 32 anni, le autorità gli hanno infatti chiesto di provare la sua residenza per poter rimanere dopo Brexit. A raccontare il suo caso è oggi il Guardian, che sottolinea le difficoltà, l’ansia e lo stress a cui vengono sottoposti molti anziani cittadini dell’Ue costretti a pratiche complicate per ottenere l’agognato “settled status”.
Dimitri Scarlato, volontario del centro Inca Cgil di Londra a cui si è rivolto Finelli per l’assistenza, spiega che uno dei problemi è la mancata digitalizzazione dell’intero sistema pensionistico britannico. Per questo capita che alcuni pensionati, una volta presentata la domanda per rimanere, ricevano la richiesta di provare la loro residenza da almeno cinque anni, in quanto risultano sconosciuti al sistema.
Vedovo e sopravvissuto al suo unico figlio, l’anziano Finelli ha dovuto chiedere aiuto per una questione per lui vitale, rimanere nel paese dove vive da 68 anni. Il suo è il secondo caso assurdo in una settimana dopo quello del suo compatriota e amico Giovanni Palmiero. La sua vicenda aveva già fatto discutere perché l’anziano italiano ha 101 anni e il database del ministero dell’Interno gli ha risposto che la domanda doveva essere presentata dai genitori, scambiandolo per un bimbo di un anno. Per gli anziani che vivono isolati, ottenere il settled status può diventare un vero incubo.