I controlli sulle condizioni di lavoro dei rider sono diventati anche controlli a loro e alle loro biciclette. Così in molti hanno avuto multe da 18 euro per l’assenza del casco o dei fanalini, oggetti che dovrebbero essere forniti loro dalle società della gig economy per cui lavorano. È avvenuto a Torino domenica sera ed è stato denunciato lunedì mattina da Deliverance Project, collettivo di rider torinesi: “Ieri sera mentre le solite centinaia di rider si muovevano per la città alla ricerca di ordini da consegnare, sono incappate in una brutta sorpresa. Polizia e Asl, sempre così solerti a controllare i nostri datori di lavoro, erano in giro a placcare colleghi per controllare la presenza delle luci e il contenuto degli zaini”. Si tratterebbe dei controlli eseguiti nell’ambito dell’inchiesta conoscitiva della procura di Torino sulle condizioni di lavoro dei ciclofattorini. Alle verifiche, in questa occasione, ha partecipato anche l’Asl per esaminare la conservazione del cibo trasportato negli zaini.

Tuttavia, denuncia il collettivo, sarebbero avvenuti anche controlli sulla regolarità di documenti e permesso di soggiorno. “A partire da febbraio è entrato in vigore il decreto che obbliga le aziende a versare i contributi Inail e a fornirci i dispositivi di protezione individuale – come casco e luci, ricorda il collettivo di rider torinesi – Il security kit è ancora una leggenda metropolitana”. Anche la Cgil interviene: “Apprendiamo con stupore che, a fronte dell’entrata in vigore dal 1° febbraio 2020 delle nuove norme nazionali specifiche sulla salute e sicurezza nel settore per anni scaricate dalle multinazionali del food delivery sui singoli lavoratori, l’attività ispettiva e sanzionatoria si sia concentrata nelle ultime ore a Torino sui singoli ciclo fattorini – denuncia il sindacato – Non è colpendo i lavoratori a cottimo che si risolve una grave situazione di sfruttamento lavorativo”. La Cgil suggerisce quindi ai rider multati “di farsi rimborsare l’importo delle sanzioni dai propri datori di lavoro”.

Torino è una delle città italiane dove la battaglia dei rider per i loro diritti è più forte. Qui una causa avviata da alcuni di loro contro Foodora (società poi assorbita da Glovo) ha portato al riconoscimento di un aspetto importante: secondo la Corte d’appello e la Cassazione non sono lavoratori autonomi, ma sono equiparabili a lavoratori subordinati del settore della logistica e hanno diritto a contributi, ferie e malattie pagati dalle aziende. Venerdì i ciclofattorini torinesi torneranno a protestare a due mesi dall’incidente che ha coinvolto Zohaib, un rider pachistano al servizio di Glovo.

“La Cgil vigilerà sul rispetto della legge e supporterà i lavoratori nel rivendicare tutti i dispositivi di protezione e tutela sul lavoro – conclude invece il sindacato – allo stesso tempo, chiediamo all’amministrazione di Torino e alla Regione Piemonte di convocare un tavolo con le organizzazioni sindacali per un confronto che permetta una nuova stagione di tutele, diritti e dignità di questi lavoratori”.

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