Gli investigatori parlano di una “fabbrica” per l’evasione, una sorta di laboratorio per produrre false fatture. Era lo studio di un commercialista dove i “colletti bianchi” – con l’aiuto di altri personaggi con precedenti penali specifici nei reati tributari – offrivano veri e propri “pacchetti evasivi”. L’operazione della Guardia di finanza, coordinata dalla procura di Brescia e con il supporto del Servizio centrale investigativo criminalità organizzata di Roma (Scico), ha portato all’arresto di 22 persone: 17 in carcere e 5 ai domiciliari tra Brescia, Bergamo, Milano e Roma. Le misure disposte dal giudice per le indagini preliminari hanno riguardato tre commercialisti e tre avvocati. Agli indagati sono contestati, a vario titolo l’associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alla frode fiscale e al riciclaggio di denaro.
Il gip ha disposto anche la notifica di due misure interdittive. L’indagine vede coinvolti, a vario titolo, un centinaio di persone (di varie province italiane, ovvero Brescia, Bergamo, Milano, Roma, Parma, Mantova, Perugia, Lodi, Modena, Reggio Emilia, Torino, Bari, Vicenza, Pavia, Napoli Verona) e ha per oggetto circa mezzo miliardo di euro di “false” operazioni (tra fatture per operazioni inesistenti e crediti fiscali fittizi) che hanno consentito alla banda di guadagnare circa 80 milioni di euro. Tra gli 85 indagati c’è anche un monsignore che avrebbe favorito il tentativo di aprire un conto allo Ior sul quale depositare soldi frutto dell’evasione. L’ecclesiastico risulta indagato.
“Da questa inchiesta emerge un connubio tra imprenditori e commercialisti con i professionisti che si sono messi a disposizione di progetti criminosi – ha detto il procuratore di Brescia Francesco Prete – Il connubio tra imprenditori e professionisti conferma quanto sia necessario penetrate negli organi professionali per scovare professionisti infedeli. Siamo davanti ad un vero e proprio laboratorio a Brescia dell’evasione fiscale. Attorno a questo sodalizio giravano società locali e estere”, ha aggiunto il procuratore aggiunto Carlo Nocerino che con la collega Claudia Passalacqua ha coordinato l’inchiesta.
L’organizzazione produceva servizi tributari “illeciti”, attraverso centinaia di società “di comodo” (sia nazionali che estere) e prestanomi. Lo scopo prioritario, spiegano gli investigatori, era la produzione di crediti fittizi (da utilizzare indebitamente in compensazione), nonché di fatture per operazioni inesistenti. La seconda finalità era quella di vendere tali “servizi” attraverso una rete di distribuzione. I “colletti bianchi” individuavano i soggetti a cui “piazzare” i loro “prodotti” attingendo tra gli imprenditori loro clienti desiderosi di abbattere le imposte. La terza finalità consisteva nello sviare eventuali attività di controllo, attraverso il “traffico di influenze illecite” e le intimidazioni ad eventuali soggetti che volessero collaborare con la Guardia di Finanza.
Nello specifico, infatti, gli indagati, percepita l’attenzione degli investigatori dopo le acquisizioni nelle cosiddette società cartiere da loro gestite, si rivolgevano a “faccendieri” – conosciuti tramite “reti di relazioni” – al fine di ottenere informazioni privilegiate sui controlli in corso. Tra i “faccendieri” remunerati per la loro millantata attività di “intermediazione” – rivelatasi del tutto inefficace spiegano le Fiamme gialle – emergono un (falso) appartenente alle Forze dell’ordine, nonché un (falso) appartenente ai servizi segreti nazionali. “Non sono mancati i tentativi di intimidazione nei confronti di chi potesse fornire informazioni utili alle indagini”.
Ultimo scopo della banda “era quello di ripulire il denaro frutto dell’evasione fiscale, immettendolo nel mercato e trasformandolo in ‘potere d’acquisto’ apparentemente lecito da reinvestire in nuove attività. Lo spessore professionale dei soggetti coinvolti consentiva di ideare svariati e raffinati meccanismi di lavaggio, ovvero: monetizzazione di denaro contante con prelievi da conti correnti esteri. Il sodalizio si avvaleva di una squadra di “cash courier” specializzati nel trasporto, su autovettura, di denaro contante in vari Paesi europei (Slovenia, Croazia, Ungheria, ecc.). Le indagini – prosegue la nota – hanno permesso di sequestrare, ad oggi, banconote cash per un valore complessivo di 2,1 milioni di euro, attraverso operazioni internazionali di polizia, anche con interventi effettuati direttamente in territorio estero, grazie alla diretta collaborazione della locale Autorità giudiziaria e delle forze di polizia straniere. Particolare rilievo, infatti, assumono i sequestri effettuati oltreconfine, con la presenza dei Finanzieri in territorio estero (Umago, Croazia). Oltre 1 milione di euro in contante è stato rinvenuto presso le cassette di sicurezza di una filiale di una banca croata”.
Della banda faceva parte anche un professionista ungherese che aveva lo specifico compito di nascondere il denaro proveniente dall’evasione fiscale, aprendo e gestendo – per conto dei promotori del sodalizio – conti correnti accesi in Ungheria e in altri Paesi;
reimpiego del profitto nelle proprie attività economiche. I soldi ricavati dall’evasione erano stati investiti. Ci sono stati anche tentativi di aprire conti correnti nello Stato del Vaticano presso l’Istituto per le Opere di Religione (Ior) per riciclare il denaro. Infine la banda avrebbe utilizzato un trust simulato per cercare nascondere parte dei “fondi neri”. Tra gli asset nascosti all’interno del trust anche beni immobili situati fuori dal territorio dello Stato.
Giustizia & Impunità
Brescia, scoperta la “fabbrica” dell’evasione: 22 arresti per associazione a delinquere. False operazioni per mezzo miliardo
Era lo studio di un commercialista dove i “colletti bianchi” - con l'aiuto di altri personaggi con precedenti penali specifici nei reati tributari - offrivano veri e propri “pacchetti evasivi”. Sono 80 i milioni di euro ricavati dal gruppo secondo gli accertamenti della Finanza
Gli investigatori parlano di una “fabbrica” per l’evasione, una sorta di laboratorio per produrre false fatture. Era lo studio di un commercialista dove i “colletti bianchi” – con l’aiuto di altri personaggi con precedenti penali specifici nei reati tributari – offrivano veri e propri “pacchetti evasivi”. L’operazione della Guardia di finanza, coordinata dalla procura di Brescia e con il supporto del Servizio centrale investigativo criminalità organizzata di Roma (Scico), ha portato all’arresto di 22 persone: 17 in carcere e 5 ai domiciliari tra Brescia, Bergamo, Milano e Roma. Le misure disposte dal giudice per le indagini preliminari hanno riguardato tre commercialisti e tre avvocati. Agli indagati sono contestati, a vario titolo l’associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alla frode fiscale e al riciclaggio di denaro.
Il gip ha disposto anche la notifica di due misure interdittive. L’indagine vede coinvolti, a vario titolo, un centinaio di persone (di varie province italiane, ovvero Brescia, Bergamo, Milano, Roma, Parma, Mantova, Perugia, Lodi, Modena, Reggio Emilia, Torino, Bari, Vicenza, Pavia, Napoli Verona) e ha per oggetto circa mezzo miliardo di euro di “false” operazioni (tra fatture per operazioni inesistenti e crediti fiscali fittizi) che hanno consentito alla banda di guadagnare circa 80 milioni di euro. Tra gli 85 indagati c’è anche un monsignore che avrebbe favorito il tentativo di aprire un conto allo Ior sul quale depositare soldi frutto dell’evasione. L’ecclesiastico risulta indagato.
“Da questa inchiesta emerge un connubio tra imprenditori e commercialisti con i professionisti che si sono messi a disposizione di progetti criminosi – ha detto il procuratore di Brescia Francesco Prete – Il connubio tra imprenditori e professionisti conferma quanto sia necessario penetrate negli organi professionali per scovare professionisti infedeli. Siamo davanti ad un vero e proprio laboratorio a Brescia dell’evasione fiscale. Attorno a questo sodalizio giravano società locali e estere”, ha aggiunto il procuratore aggiunto Carlo Nocerino che con la collega Claudia Passalacqua ha coordinato l’inchiesta.
L’organizzazione produceva servizi tributari “illeciti”, attraverso centinaia di società “di comodo” (sia nazionali che estere) e prestanomi. Lo scopo prioritario, spiegano gli investigatori, era la produzione di crediti fittizi (da utilizzare indebitamente in compensazione), nonché di fatture per operazioni inesistenti. La seconda finalità era quella di vendere tali “servizi” attraverso una rete di distribuzione. I “colletti bianchi” individuavano i soggetti a cui “piazzare” i loro “prodotti” attingendo tra gli imprenditori loro clienti desiderosi di abbattere le imposte. La terza finalità consisteva nello sviare eventuali attività di controllo, attraverso il “traffico di influenze illecite” e le intimidazioni ad eventuali soggetti che volessero collaborare con la Guardia di Finanza.
Nello specifico, infatti, gli indagati, percepita l’attenzione degli investigatori dopo le acquisizioni nelle cosiddette società cartiere da loro gestite, si rivolgevano a “faccendieri” – conosciuti tramite “reti di relazioni” – al fine di ottenere informazioni privilegiate sui controlli in corso. Tra i “faccendieri” remunerati per la loro millantata attività di “intermediazione” – rivelatasi del tutto inefficace spiegano le Fiamme gialle – emergono un (falso) appartenente alle Forze dell’ordine, nonché un (falso) appartenente ai servizi segreti nazionali. “Non sono mancati i tentativi di intimidazione nei confronti di chi potesse fornire informazioni utili alle indagini”.
Ultimo scopo della banda “era quello di ripulire il denaro frutto dell’evasione fiscale, immettendolo nel mercato e trasformandolo in ‘potere d’acquisto’ apparentemente lecito da reinvestire in nuove attività. Lo spessore professionale dei soggetti coinvolti consentiva di ideare svariati e raffinati meccanismi di lavaggio, ovvero: monetizzazione di denaro contante con prelievi da conti correnti esteri. Il sodalizio si avvaleva di una squadra di “cash courier” specializzati nel trasporto, su autovettura, di denaro contante in vari Paesi europei (Slovenia, Croazia, Ungheria, ecc.). Le indagini – prosegue la nota – hanno permesso di sequestrare, ad oggi, banconote cash per un valore complessivo di 2,1 milioni di euro, attraverso operazioni internazionali di polizia, anche con interventi effettuati direttamente in territorio estero, grazie alla diretta collaborazione della locale Autorità giudiziaria e delle forze di polizia straniere. Particolare rilievo, infatti, assumono i sequestri effettuati oltreconfine, con la presenza dei Finanzieri in territorio estero (Umago, Croazia). Oltre 1 milione di euro in contante è stato rinvenuto presso le cassette di sicurezza di una filiale di una banca croata”.
Della banda faceva parte anche un professionista ungherese che aveva lo specifico compito di nascondere il denaro proveniente dall’evasione fiscale, aprendo e gestendo – per conto dei promotori del sodalizio – conti correnti accesi in Ungheria e in altri Paesi;
reimpiego del profitto nelle proprie attività economiche. I soldi ricavati dall’evasione erano stati investiti. Ci sono stati anche tentativi di aprire conti correnti nello Stato del Vaticano presso l’Istituto per le Opere di Religione (Ior) per riciclare il denaro. Infine la banda avrebbe utilizzato un trust simulato per cercare nascondere parte dei “fondi neri”. Tra gli asset nascosti all’interno del trust anche beni immobili situati fuori dal territorio dello Stato.
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(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.