Un’altra frenata per la maggioranza su un testo su cui c’era già un accordo. E’ stata Italia Viva a bloccare tutto con l’opposizione su un emendamento che alla fine firma. Così il voto in Aula slitta di 24 ore
Non solo la riforma della prescrizione, ora Matteo Renzi e i suoi fanno ostruzionismo al governo di cui fanno parte anche sul decreto Intercettazioni. A rischiare di far andare sotto la maggioranza questa volta è stato un emendamento del senatore Pietro Grasso (Leu) che, recependo una sentenza della Cassazione, chiedeva di estendere l’uso delle conversazioni “in procedimenti diversi da quelli per cui sono stati disposti per reati la cui pena supera i 5 anni” (dalla pedopornografia ai reati contro la pubblica amministrazione). Per Pd, M5s, Leu niente di nuovo: era stato oggetto di un vertice la settimana scorsa e c’era, dicono, l’accordo di tutti. Per i renziani all’improvviso non andava più bene: tanto che di prima mattina hanno iniziato a chiederne il ritiro. La soluzione è arrivata in tarda serata: l’emendamento è stato riformulato e presentato uguale a firma del relatore M5s Mario Michele Giarrusso. Solo così Italia viva ha detto di essere d’accordo e la crisi è momentaneamente rientrata. Ma intanto il voto in commissione è slittato alla mattina del 19 febbraio e il voto in Aula a partire dalle 13.40: l’ennesimo rinvio che ha provocato le proteste delle opposizioni, ma anche della stessa presidente del Senato. “Da un lungo pezzo”, ha detto davanti all’assemblea Elisabetta Casellati, “ripeto che questo andamento dei lavori non va bene perché non è rispettoso dei diritti di tutti”. La seconda carica dello Stato ha dato conto di una “lunga corrispondenza con il presidente Fico perché entrambi lamentiamo la mancata centralità di questo Parlamento. Al governo chiediamo un patto etico sulla regolamentazione dei lavori”.
L’ennesima giornata di schizofrenia interna al governo è testimoniata dalle dichiarazioni degli esponenti della maggioranza. “Cambiano idea ogni minuto. Speriamo di no. C’era un’intesa sulla riformulazione, sarebbe inspiegabile”, si è lasciato scappare il grillino Giarrusso. La minaccia di rottura era stata annunciata dagli stessi renziani in tarda mattinata, poco dopo l’apertura dei lavori in commissione: “Voteremo lealmente la fiducia al testo proposto da Bonafede e approvato dal consiglio dei ministri”, si leggeva nella nota. Quindi l’avvertimento: “Qualunque altra modifica potrà passare soltanto attraverso emendamenti condivisi da tutte le forze di maggioranza. Chi votasse emendamenti non condivisi con il resto della coalizione sarebbe responsabile della rottura della maggioranza. Ci auguriamo che prevalgano saggezza e unità”. Ancora più netto l’intervento di Davide Faraone: “A scanso di equivoci”, ha scritto su Twitter. “Noi votiamo la fiducia su decreto intercettazioni come chiesto dal governo. Per cambiarlo serve il consenso di tutti. Chi forza a colpi di emendamento spacca la maggioranza. Sì fiducia, no provocazioni”.
L’emendamento che divide (di nuovo) la maggioranza – Dopo le proteste di Italia viva, la richiesta di modifica è stata riformulata e depositata dal relatore M5s Mario Michele Giarrusso. “I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza e dei reati di cui all’articolo 266 comma 1” del codice di procedura penale, vale a dire reati gravi per i quali lo spaccio di sostanze stupefacenti, contrabbando, pedopornografia, usura o delitti contro la Pubblica amministrazione la cui pena supera i cinque anni.
L’emendamento proposto da Grasso riguardava appunto l’utilizzo delle intercettazioni per le indagini su reati diversi da quelli per cui esse erano state effettuate. Un emendamento che è stato presentato dallo stesso ex presidente del Senato, dopo un vertice di maggioranza della scorsa settimana. Il nuovo testo dell’emendamento mirava a recepire una sentenza interpretativa della Cassazione.
Renzi in Transatlantico: “Da Conte reazione muscolare sulla giustizia”. Il premier: “Preferisco non alimentare le polemiche”
Mentre i suoi in commissione continuavano a fare ostruzionismo, il leader di Italia viva twittava dai banchi del Senato. “Puntualissimo ad aspettare che inizi la seduta”, ha scritto nel tardo pomeriggio. Il riferimento è alle polemiche per il suo weekend sulla neve in Pakistan con esponenti dell’alta finanza. Poi in serata, passeggiando in Transatlantico, non contento ha fatto ripartire le polemiche: “Sulla giustizia io non ho detto: ‘Conte ti minacciò, ma la reazione del presidente del Consiglio è stata muscolare. Ha detto alcune cose e io ho pensato probabilmente hanno i numeri. Se così fosse, bene”, ha commentato.
Sul fronte opposto, il premier ha invece cercato (di nuovo) la mediazione: “Personalmente ho sempre preferito impiegare tempo e risorse per lavorare e non per alimentare polemiche. E così continuerò a fare, nella convinzione che gli italiani ci guardano e ci giudicano per quello che facciamo e per l’impegno che siamo capaci di profondere nel perseguire il bene comune. Non mi interessa e non ci deve interessare conquistare i titoli dei giornali, ci deve interessare conquistare e meritare la fiducia dei cittadini”.
In Aula puntualissimo ad aspettare che inizi la seduta. Con un pensiero affettuoso a tutti quelli che hanno detto che per sciare saltavo i lavori parlamentari. Quante #FakeNews dobbiamo sopportare! pic.twitter.com/t044klIH0o
— Matteo Renzi (@matteorenzi) February 18, 2020
Le opposizioni protestano per il poco tempo concesso alla discussione in Aula – All’annuncio in Aula del rinvio dell’arrivo del testo, sono iniziate le proteste delle opposizioni. “Questa situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che il governo porrà la fiducia. State prendendo in giro il Parlamento”, ha detto il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo. “Vergognatevi”, ha urlato ai banchi della maggioranza.
Già nel promo pomeriggio aveva protestato per la lentezza: “Il governo prima ha chiesto di calendarizzare velocemente il provvedimento, ora sta solo perdendo tempo. Il provvedimento scade tra dieci giorni e deve ancora andare alla Camera, dopo essere rimasto fermo per molti giorni qui al Senato”. “Sorvolo poi sulla forzatura delle procedure, perché siamo arrivati in commissione Giustizia a votare gli emendamenti che avevano una rilevanza di carattere economico senza il parere della commissione Bilancio. Prima ci hanno imposto di correre e ora chiedono più tempo perché non sanno come mettersi d’accordo. Ricordo alla maggioranza che la ruota gira e che tutte queste cose ce le segniamo e quando poi voi andrete all’opposizione non veniteci a dire che ci comportiamo in maniera sbagliata e che non rispettiamo le regole”.