Il presidente turco ha anche annunciato una nuova e imminente operazione militare a Idlib, roccaforte dei ribelli in Siria, contro il regime di Bashar al-Assad, sostenuto da Russia e Iran. Ed è pronto ad aumentare le perforazioni nel Mediterraneo, nonostante le proteste della Grecia
Il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan, sfida l’Europa e la Russia su due diversi campi: la Libia e la Siria e il Mediterraneo. Il Sultano, parlando al gruppo parlamentare dell’AkParti, il suo partito, ha dichiarato che “la Turchia continua a restare dalla parte del governo legittimo della Libia a Tripoli. Se un accordo giusto non potrà essere raggiunto attraverso i negoziati internazionali, sosterremo la legittima amministrazione della Libia nel prendere il controllo dell’intero Paese”. Parole che fanno presagire la possibilità di una deadline stabilita prima dell’intervento militare al fianco del Governo di Accordo Nazionale di Fayez al-Sarraj, opzione respinta da Bruxelles e da tutti i paesi membri.
E l’attacco di Erdoğan è proprio nei confronti dell’Europa che, dice, “non ha alcuna autorità per prendere una decisione sulla Libia”, in riferimento al recente accordo dei 27 su una nuova missione nel Mediterraneo per garantire l’embargo sulle armi al Paese nordafricano in guerra. Una posizione del genere ha come obiettivo quella di garantirsi il ruolo di partner principe agli occhi di al-Sarraj, una lotta in corso tra Ankara e Bruxelles, con Roma in prima fila. Le promesse di supporto militare, però, hanno già in passato spostato i favori del premier libico sulle posizioni del presidente turco.
Siria, “pronti a una nuova operazione a Idlib”. Russia: “Scenario peggiore”
L’altro scenario caldo nel quale la Turchia, dopo l’invasione del nord-est curdo, sta cercando di imporsi è quello siriano, in particolar modo nella provincia di Idlib, ultima roccaforte ribelle oggetto di un vero e proprio assedio da parte delle forze di Damasco, supportate da quelle di Mosca e Teheran. Un pressing, quello della coalizione formata da Bashar al-Assad e Vladimir Putin, che ha provocato nelle scorse settimane l’intervento dei soldati di Erdoğan, visto che Ankara, nemica del regime alawita, non ha mai nascosto la propria vicinanza alla causa dei ribelli, tra i quali però agiscono numerose organizzazioni jihadiste. Lo scontro tra Ankara e Damasco a Idlib ha già provocato vittime militari da entrambe le parti.
“Se gli altri Paesi non riescono a darci garanzie, dovremo farci carico da soli della nostre preoccupazioni di sicurezza. È solo una questione di tempo prima che iniziamo un’altra operazione nel nord-ovest della Siria, a Idlib”, ha continuato il presidente turco lanciando poi un ultimatum ad Assad: ritirare entro fine mese le sue forze dalle zone dove si trovano le postazioni militari turche nella provincia di Idlib. “Stiamo facendo il conto alla rovescia, sono i nostri ultimi avvisi“.
Il motivo di tanto interesse sulla battaglia di Idlib è legato, oltre all’avversione per il regime siriano, anche al fatto che gli scontri avvengono poco lontano dal confine turco, con flussi di sfollati che da mesi stanno raggiungendo la frontiera per sfuggire ai bombardamenti e ai proiettili. “Costi quel che costi siamo determinati, tanto per la Turchia che per la popolazione della regione, a trasformare Idlib in un luogo sicuro – ha aggiunto Erdoğan – È il nostro ultimo avvertimento al regime di fermare l’aggressione a Idlib e ritirarsi nelle aree definite dall’accordo di Sochi. La Turchia non lascerà Idlib al regime di Bashar al-Assad e ai suoi sostenitori che non hanno ben compreso la nostra determinazione”.
Nonostante l’attuale distanza tra le posizioni turca e russa, ha però concluso il Sultano, l’intento è quello di fare in modo che i negoziati continuino: “Purtroppo, né le discussioni condotte nel nostro Paese e in Russia, né i negoziati sul terreno ci hanno permesso di raggiungere il risultato che volevamo”.
Dal canto suo, anche il Cremlino fa sapere che se la Turchia decidesse di schierare le proprie truppe contro quelle di Damasco, si verificherebbe il “peggior scenario possibile”, facendo capire da che parte Mosca ha intenzione di schierarsi. La reazione delle truppe siriane “è una risposta alla gravissima violazione degli accordi su Idlib” e “riafferma il controllo del legittimo governo sulla zona”, ha dichiarato il ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov, al termine dei colloqui a Mosca con il suo omologo giordano: “Noi continueremo a trattare con Ankara per arrivare a un accordo utile per risolvere i problemi sul terreno”, ha poi aggiunto.
Nonostante la tensione tra le parti, il capo della diplomazia russo fa sapere che la Russia non ha avanzato alcuna richiesta durante i colloqui bilaterali con la Turchia tenutisi a Mosca il 17 e il 18 febbraio: “Per quanto riguarda gli esiti dei colloqui russo-turchi tenutisi a Mosca, non siamo giunti a una conclusione su come aderire agli accordi tra Putin ed Erdoğan su Idlib. Non abbiamo avanzato nuove richieste. Pensiamo che si debbano attuare gli accordi raggiunti dai nostri leader”, ha concluso.
Turchia pronta a nuove perforazioni nel Mediterraneo
“Dopo la Fatih e la Yavuz, abbiamo acquistato una terza nave da perforazione. Questa nave di sesta generazione può raggiungere 11.400 metri di profondità in mare. Arriverà in Turchia a marzo e prevediamo che inizi le perforazioni dopo i test necessari, entro quest’anno”, ha anche annunciato Erdoğan ai suoi facendo riferimento al Memorandum Turchia-Libia firmato con al-Sarraj e che ha scatenato le proteste, tra gli altri, della Grecia. “Da quando abbiamo firmato l’accordo marittimo con la Libia, abbiamo spostato a nostro favore l’equilibrio nel Mediterraneo. Grazie alla nostra determinazione, lo status che abbiamo dichiarato nel Mediterraneo ha cominciato a essere accettato dagli attori regionali, compresa la Grecia”, ha invece dichiarato il presidente turco.