Ispirato all’omonimo volume autobiografico di Joanna Rakoff il fil, che ha aperto la rassegna. racconta le vicissitudini dell’autrice quando da giovanissima post graduate si trovò a far da segretaria a una famosa agente letteraria che aveva fra i clienti niente di meno che J. D. Salinger, ormai anziano e volutamente ritirato dalla vita sociale
Il fascino irresistibile della scrittura, la seduzione incomparabile esercitata dai grandi romanzieri, il fuoco creativo che brama di esprimersi nella New York letteraria degli anni ’90, dove ancora nulla era dato per scontato e il digitale era un perfetto (quasi) sconosciuto. Da questo, ma anche da una scrittura al femminile (av)vincente, si è fatto attrarre il canadese Philippe Falardeau quando ha deciso di girare My Salinger Year che stasera ha aperto la 70ma Berlinale.
Il film, inserito nella sezione Berlinale Special Gala e che in Italia arriverà nei prossimi mesi grazie ad Academy Two, non ha il pedigree delle opere destinate alla Storia del cinema, ma si porta appresso quel gusto del “feel good” che non guasta in apertura di una kermesse orientata a combinare ed integrare gusti e pubblici, secondo una tradizione che certamente il neo direttore artistico Carlo Chatrian non è intenzionato a spezzare, seppur nelle non poche mutazioni che sta apportando al festival berlinese.
Ispirato all’omonimo volume autobiografico di Joanna Rakoff, racconta le vicissitudini dell’autrice quando da giovanissima post graduate si trovò a far da segretaria a una famosa agente letteraria che aveva fra i clienti niente di meno che J. D. Salinger, ormai anziano e volutamente ritirato dalla vita sociale. Aspirante poetessa e scrittrice, la ragazza dovette nascondere le proprie velleità per entrare in quel mondo dalla “porta di servizio”, se così possiamo definirla; per la severa e glaciale Margaret, infatti, era fondamentale avere segretarie prive di una pericolosa virtù chiamata creatività. Compito di Joanna era dunque quello di rispondere in forma protocollare alle numerose lettere che l’autore cult de Il giovane Holden riceveva, e si rifiutava di leggere. Ovviamente il destino scriverà per lei una storia diversa che, nello sguardo registico del 52enne filmmaker del Quebec (di lui ricordiamo soprattutto il delizioso Monsieur Lazhar, candidato all’Oscar straniero nel 2011), s’informa nel genere Bildungsroman, in perfetta coerenza col romanzo di formazione per eccellenza scritto appunto da “Jerry” Salinger.
Ma se è vero che il grande scrittore sia il terzo protagonista di questo viaggio spiritual-letterario, questi non è mai visibile: la sua presenza si traduce in una semi-assenza quasi fosse un nume tutelare chiamato a protezione ed incoraggiamento di tutti i giovani scrittori, di ieri come di oggi e forse di domani. My Salinger Year, in tal senso, è anche un film sui fantasmi, e sulla forza della loro onnipresenza agli occhi di chi li sa vedere e ascoltare. Nei panni delle due protagoniste sono due attrici rappresentative di generazioni diverse ma capaci di dialogare: da una parte la diva Sigourney Weaver perfetta come “perfida” agente, dall’altra l’emergente Margaret Qualley brava ad incarnare con sensibilità la giovane Joanna. L’inizio del gala inaugurale di stasera è stato anticipato da un minuto di silenzio nel rispetto delle 11 vittime dell’attentato di Hanau avvenuta ieri.