Voleva incontrare il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. E nel frattempo attaccava il professor Giovanni Fiandaca, al quale voleva sottrarre l’incarico di Garante dei detenuti siciliani. Tanto da “organizzare un pullman di persone per protestare al palazzo della presidenza della Regione Siciliana per fare pressione su Musumeci”, scrivono i carabinieri del Ros in un’informativa riferendosi ad Antonello Nicosia, l’ex collaboratore parlamentare della deputata Giuseppina Occhionero, eletta con Leu e poi passata con i renziani di Italia viva. Il 19 febbraio la procura di Palermo ha chiuso le indagini sia su Nicosia che sulla deputata, prima interrogatao come testimone e poi iscritta per falso nel registro degli indagati.
Dallo scorso novembre Nicosia è indagato per mafia e tuttora si trova in carcere assieme al boss di Sciacca, Accursio Dimino. I pm della Dda di Palermo (aggiunto Paolo Guido, sostituti Francesca Dessì e Gery Ferrara) lo accusano di aver sfruttato gli ingressi in carcere per scambiare messaggi con i boss detenuti al 41 bis, veicolando informazioni dal carcere all’esterno e viceversa. Dalle informative dei carabinieri emerge come Nicosia, ex attivista radicale, puntasse a un incontro col guardasigilli. “Ora vediamo, intanto incontro a questo Bonafede”, diceva riferendosi ad “amici di Mazara” che avevano “parlato con la madre ed un certo Tancredi”, riferendosi al deputato regionale dei 5 stelle Sergio Tancredi. Quell’incontro non ci sarebbe mai stato.
L’episodio è emerso durante una conversazione con Stefano Genco, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa al quale la Cassazione ha recentemente respinto l’istanza di revisione del processo. “Gli ho detto ‘se ha bisogno di me, mi incontra’, non fate incontri che io ho bisogno di parlare con il ministro”, aggiungeva Nicosia: “Gli propongo il tavolo tecnico come osservatorio permanente per gli istituiti, dove ci si mette un magistrato, un avvocato, un comandante di carcere”. “No vabbè ma io mi devo fare spazio – diceva – e per farmi spazio devo cafuddare (essere violento)”. A giugno dello scorso anno pubblicò una lettera contro Fiandaca, attirando l’interesse di due deputati regionali grillini. Parlando con Gaetano D’Amico, storico esponente dei Radicali insisteva dicendo che “noi dobbiamo lavorare, se mi volete bene invece per fare nominare Garante per i diritti dei detenuti alla Regione ad Antonello Nicosia, dobbiamo fare la guerra a Fiandaca”.
Tra le conversazioni intercettate Nicosia parla con Gianni Melluso, passato alla storia per essere stato l’accusatore di Enzo Tortora, e con un amico impiegato nella Zecca dello Stato che chiama “padrino”. Quest’ultimo, in un messaggio vocale dice “che per fortuna che c’è lo zio Lillo che vede tutte cose”, riferendosi a Calogero Mannino, l’ex ministro della Dc recentemente assolto anche in Appello nel processo sulla Trattativa e completamente estraneo alla vicenda. “Zio Lillo è garantito, poi comunque io ho fatto quello che ha detto lui per quanto riguarda i toni riservati a Fiandaca, ho utilizzato toni bassi senza urlare”, sostiene Nicosia. L’attenzione riguardava anche la nomina del Garante dei diritti dei detenuti per il comune di Palermo, ruolo tuttora scoperto. Il radicale D’Amico diceva di aver gia “parlato della questione con il sindaco Leoluca Orlando” e l’idea entusiasmava Nicosia. “E perche no scusa? Mi dimetto poi e mi faccio nominare da Musumeci per fare quello regionale. A me piacerebbe quello regionale, ma quello comunale ci da un po’ di visibilità, garante dei detenuti a Palermo”.
Ma secondo i militari del Ros il vero obbiettivo era quello di costituire “un soggetto politico di rilevanza nazionale attraverso il quale raggiungere piu agevolmente i propri scopi”. Nelle indagini sono ricostruiti gli incontri con l’avvocato Michele Capano, esponente dei Radicali che il giorno dopo gli arresti rivendicò l’amicizia con Nicosia, e con l’ex sindaco di Castelvetrano, Antonio Vaccarino, noto per aver intrattenuto nel 2007 una corrispondenza con il latitante Matteo Messina Denaro, sotto la copertura del Sisde. Recentemente l’ex politico Dc è tornato in carcere per favoreggiamento alla mafia in un indagine che riguarda anche due carabinieri. “Se ci prendiamo il partito tutti gli altri se ne possono andare a fare in culo, se il partito è nostro decidiamo noi cosa cazzo fare”, diceva Nicosia. “Ma i servizi non so se investono su questa cosa – rispondeva Capano-, oddio in astratto potrebbe pure essere”. Secondo Nicosia, l’ex sindaco di Castelvetrano avrebbe potuto mettere “trenta, quarantamila euro”. Rivelando infine i suoi piani: “Noi dovevamo fare l’operazione quando lui era disponibile, ma deve mettere mano al portafoglio, si deve fare dare i soldi da chi sa lui, ci da i soldi e noi facciamo le tessere”.