Gli scienziati cinesi, in un recentissimo studio, suggeriscono che la trasmissione tra asintomatici di Sars-CoV-2, responsabile dell’epidemia di Covid-19, sembra diversa da quella di Sars-CoV che ha causato un’epidemia globale di Sars con 8.096 casi confermati in oltre 25 Paesi nel 2002-2003. Il nuovo coronavirus sembra ricordare più il modello di diffusione dell’influenza.

La carica virale, spiegano gli autori, persiste anche nel paziente asintomatico dopo 7-11 giorni dal contatto con un caso. Dunque, secondo gli scienziati cinesi, risultati della loro analisi “suggeriscono il potenziale di trasmissione dei pazienti asintomatici o con sintomi minimi”. Ad affermarlo è il team di Lirong Zou del Centro provinciale del Guangdong per il controllo e la prevenzione delle malattie di Guangzhou e Feng Ruan del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie di Zhuhai. La trasmissione della Sars si è verificata principalmente dopo giorni di malattia ed è stata associata a modeste cariche virali nel tratto respiratorio nelle prime fasi, con un picco circa 10 giorni dopo l’insorgenza dei sintomi. Nel caso dell’attuale epidemia i ricercatori hanno monitorato le cariche virali di Sars-CoV-2 in campioni respiratori ottenuti da 18 pazienti (9 uomini e 9 donne, età media 59 anni) a Zhuhai nel Guangdong. Nel gruppo anche 4 pazienti con infezioni secondarie, uno dei quali non ha mai avuto sintomi, all’interno di due gruppi familiari. Il paziente che non ha mai avuto sintomi era stato uno stretto contatto di un caso noto ed è stato quindi monitorato. Sono stati analizzati in totale di 72 tamponi nasali e 72 tamponi della gola. Lo studio è stato pubblicato su The New England Journal of Medicine.

I campioni sono stati testati presso il Centro provinciale del Guangdong per il controllo e la prevenzione delle malattie. I ricercatori riportano in particolare il caso del paziente Z, che non ha riportato sintomi clinici, anche se i suoi tamponi nasali e della gola sono risultati positivi nei giorni 7, 10 e 11 dopo il contatto. Il team ha analizzato la carica virale nei tamponi nasali e della gola ottenuti dai 17 pazienti sintomatici, rilevando valori più elevati subito dopo l’insorgenza dei sintomi, con cariche virali più elevate nel naso rispetto alla gola. “La nostra analisi – si legge nello studio – suggerisce che il modello di diffusione dell’acido nucleico virale nei pazienti con infezione da Sars-CoV-2 è simile a quello dei pazienti con influenza e appare diverso da quello osservato nei pazienti con infezione da Sars-CoV”.
La carica virale rilevata nel paziente asintomatico, inoltre, “era simile a quella dei sintomatici, il che suggerisce il potenziale di trasmissione dei soggetti asintomatici o minimamente sintomatici. Questi risultati sono in linea con i rapporti secondo cui la trasmissione può avvenire nelle prime fasi dell’infezione – aggiungono – e suggeriscono che la rilevazione e l’isolamento dei pazienti potrebbero richiedere strategie diverse da quelle richieste per il controllo della Sars”. E ancora: “L’identificazione di pazienti con pochi o nessun sintomo e con livelli modesti di Rna virale rilevabile nell’orofaringe per almeno 5 giorni suggerisce che abbiamo bisogno di dati migliori per determinare le dinamiche di trasmissione e adattare le nostre pratiche di screening”, concludono i ricercatori.

Comunque l’epidemia di Sars-CoV-2 sta venendo letteralmente “soffocata dalle misure eccezionali che la Cina ha deciso di adottare”, ma anche se “il rallentamento è sicuro non bisogna abbassare la guardia”. È l’analisi del fisico esperto di sistemi complessi Alessandro Vespignani, direttore del Network Science Institute della Northeastern University di Boston Vespignani, che sta studiando la diffusione del nuovo coronavirus fin dall’esordio: “C’è una forte evidenza che l’epidemia sia rallentata per le misure straordinarie“. Per avere un’idea più attendibile dell’evoluzione dell’epidemia “non bisogna leggere i numeri giorno per giorno”, ma è importante avere invece una visione d’insieme, “da cui dedurre una tendenza”. “Sicuramente il sistema di reporting cinese ha lavorato in condizioni di emergenza” e di conseguenza i numeri che fornisce quotidianamente potrebbero risentire di questo. In linea di massima “il calo nel numero di nuovi casi sembra consolidato” e questo “emerge anche da altri indicatori“. Tuttavia, ha precisato, “è ancora presto per trarre conclusioni: bisogna aspettare e vedere l’evoluzione dell’epidemia nelle altre province della Cina” e “che cosa succederà riaprendo la società”.

Lo studio The New England Journal of Medicine

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