C’era una volta la magia? Nossignore: la Magia non è mai svanita se a deciderlo è la Pixar Animation Studios. Che ha fatto un vero e proprio regalo alla Berlinale per il suo 70° compleanno: un evento speciale di qualità come l’anteprima mondiale di Onward – Oltre la magia, il suo 22° film, sugli schermi italiani dal 5 marzo.
Mescolando sapientemente generi, registri e citazioni (proprie ed altrui) come è da sempre nel suo stile, la casa fondata da John Lasseter è tornata a centrare il colpo dopo l’altalenanza qualitativa di alcuni fra gli ultimi titoli. E l’originalità di Onward è quasi paradossale perché nasce esattamente dal “riciclone” di universi così noti al pubblico mondiale da apparire sulla carta come tanti déjà-vu. Genere principale del film diretto a Dan Scanlon (Monsters University) è il fantasy in cui s’intrecciano il family, il romanzo di formazione, il road, quest e cop movie a sfondo metropolitano.
Protagonista è una famiglia di elfi (gli echi agli Incredibili sono ovvi ma Onward ha un fuoco totalmente altro) al cui centro sono Ian e Barley, due fratelli il cui padre è scomparso per malattia lasciando poche tracce nella memoria del maggiore Barley se non addirittura nulla in quelle del più piccolo Ian che, nel giorno del suo 16° compleanno, sente ancor più urgente la mancanza della figura paterna. La loro mamma, allora, li stupisce con un dono inimmaginabile: un “oggetto magico” che il padre avrebbe loro lasciato nel momento in cui avrebbero entrambi avuto “almeno” 16 anni. Con Barley superappassionato al mondo della magia relegato a un passato ormai svanito e ridicolizzato, il gioco si fa serio e Ian non potrà che seguirlo in un’avventura destinata a riportarli alle loro origini, nella realizzazione di un sogno insperato.
Film ontologicamente educativo ma lontano dal didascalismo, Onward esplode di contenuti importanti espressi in trovate narrative mai banali, riuscendo a depistare anche il “Pixar-spettatore” più esperto, divertendo i ragazzi e intrattenendo con intelligenza gli adulti. Se la ricetta dei non a caso chiamati “geni della lampada” è ben nota, il mistero sta in come questi autori – ormai composti da sguardi di più generazioni – riescano quasi ogni volta a stupire, a incantare con la propria magia. E in questo caso, appunto, attraverso la Magia nel senso letterale del termine. Se lo sfondo magico e i personaggi mescolano allusioni e fanno riferimento al vocabolario de Il Signore degli Anelli e di Harry Potter, quello “realistico” è il tipico da teen movie americano: la caotica metropoli con grattacieli (però a forma di castelli e torri medievali!), le classiche colazioni con tazzone di cereali e latte, la scuola composta di bulli e secchioni. Ian è nato con la paura in corpo e vorrebbe letteralmente sparire, suo fratello, al contrario, è un impavido guerriero d’altri tempi, viaggia su un rottame a forma di furgone che ha chiamato Ginevra, e si è ridefinito in un look da metallaro-hippie medievale. Non potrebbero essere più distanti, ma è proprio su questo loro tratto oppositivo che la Magia farà il suo incantesimo.