Musica

Ghali torna con “DNA”: “Fedez mi diceva che non avrei mai combinato niente. Oggi lo evito. In questo nuovo album mi sono ‘spogliato'”

L'amore, il bullismo, la diversità, l'immigrazione, la riflessione personale sul mondo di oggi e tanto altro sono i temi che Ghali affronta nel suo nuovo album “DNA”. Un punto di ripartenza, voluto fortemente, dopo un periodo di grande cambiamento interiore. A FqMagazine l'artista parla anche della strumentalizzazione subita con “Cara Italia”, del Festival di Sanremo e dell'esigenza di essere senza filtri

di Andrea Conti

In un mondo musicale dove chi vince appare sempre un super uomo e intoccabile, c’è chi invece confessa che proprio il successo ha rappresentato un grande problema e non da poco. Ghali torna con il nuovo album “DNA”, dopo il triplo platino del precedente “Album” del 2017. Da allora un po’ di cose sono cambiate: il successo, la fama, i soldi e la voglia di riscatto. Poi, ad un tratto, per stessa ammissione dell’artista si sono spente tutte le luci e lì è rimasto da solo con se stesso, senza appello, nudo sia fuori che dentro. La crisi e poi la rinascita. Al Messaggero Ghali ha spiegato che il primo ad aiutarlo è stato Fedez. Poi però, fine dei rapporti, e non in modo pacifico: “Voglio dirlo, perché è giusto che la gente lo sappia: fu proprio Fedez a dirmi quelle cose (“non farai mai nulla e resterai per sempre nel buio in un angolo”, ndr), quando eravamo in tour insieme. Io mi esibivo insieme al mio primo gruppo, i Troupe d’Elite, ma il successo tardava ad arrivare e venivano costantemente attaccati. Fedez mi diceva: ‘Guarda quali sono i riscontri… Cosa potresti mai fare? Quale potrebbe essere il tuo messaggio? Cosa potresti raccontare agli italiani? Fatti odiare'”. E il rapper ha aggiunto che oggi, ogni tanto, il marito della Ferragni prova ad avvicinarsi ma lui lo evita.

Oggi con “DNA”, Ghali mostra la sua voglia di mettersi a nudo. Quindici brani inediti creati da tanti e differenti produttori fra cui Mace, Mamakass, Merk & Kremont, AVA, Sick Luke, Canova, Zef e Venerus, ma anche Bijan Amir, M.B e MrEazi. Mace. Tra le tante collaborazioni spiccano quella con Salmo “Boogieman” e il golden boy della trap thaSupreme in “Marymango”. Tantissimi i temi trattati: dalla canzone d’amore “Barcellona”, al tema del bullismo in “Turbococco”, ma c’è anche spazio al tema della diversità in “Combo” e “Jennifer”. Un tema questo molto caro a Ghali, dal momento che è nato da genitori tunisi e cresciuto in Italia, nella periferia di Milano a Baggio.

“DNA” sembra essere un vero e proprio “punto e a capo”, come mai?
La chiave dei miei progetti è quello di non ripetermi mai, è sempre stato il mood che ho seguito. Cerco di offrire sempre dei contenuti diversi, altrimenti non ha senso uscire con un album, da ascoltatore penso sempre a quello che vorrei ascoltare da un artista. A livello di testi mi sono spogliato ancora di più.

La copertina del disco nasconde un mondo interiore ricco di simboli…
Dietro la maschera, ossia la mia faccia, ci sono i miei sogni, c’è il paradiso terrestre e mi fa stare bene. Il drago rappresenta la fantasia, gli ufo l’ignoto perché non sai se un universo parallelo esiste o no, ma ti piace l’idea, il cielo è limpido, ma dietro di me il cielo è scuro, c’è un temporale. Un gioco di contrasti interiori. È un bel casino.

Da dove nasce questa esigenza di non avere più filtri?
Nasce dalla consapevolezza che la mia vita è cambiata totalmente quando ho raggiunto dei grandi obiettivi, sotto tutti gli aspetti, anche economici. Non posso però negare che nonostante i miei amici, la mia famiglia e mia madre vicini, il mio quartiere, ad un certo punto per un istante ho perso la strada maestra.

In che senso?
Il successo che arriva all’improvviso nella vita di un ragazzo rappresenta, senza dubbio, una bella botta. Specie per chi ha vissuto una infanzia abbastanza travagliata, arrivano poi tutto in un una volta il successo, la sensazione di avere tutto, i fan e la gente che grida il tuo nome, tutti che ti incitano… Le aspettative si sono alzate tantissimo e ho avuto un sacco di pressioni. Ho chiuso il tour nei palazzetti e mi sono ritrovato nel mezzo di questa attesa, senza alcun testo scritto, non scrivevo. Insomma è l’overdose del successo che mi ha deviato, mi sentivo vuoto dentro nonostante non mi mancasse nulla. Quindi c’è stato il momento in cui mi sono reso conto che non ero completamente felice perché non scrivevo più, non facevo più arte nello stesso modo, mi ero adagiato sugli allori.

Quando hai deciso di dire basta?
Mi sono accorto avere ancora ‘fame’ e l’unica cosa che mi appaga è sentire e fare musica, avevo delle cose da dire, mi mancava raccontare, avevo bisogno del riscatto.

Quello che ti gira intorno ti piace?
Non sono un super eroe, né un paladino della giustizia dopo ‘Cara Italia’ è sembrato quello, ma sono solo un ragazzo di 26 anni che si esprime con le canzoni. In quel momento mi sembrava di aver regalato un atto d’amore per il mio Paese, anche se stavolta avrei scritto una lettera d’odio perché mi fanno arrabbiare.

Perché non è cambiato nulla?
Certo, non è cambiato nulla dopo quella canzone. L’hanno strumentalizzata e non è successo nulla, ma sono sicuro che ha scosso le coscienze di chi può cambiare le cose. Chi vuole davvero lasciare il segno è stato toccato da quella canzone, chi non ha voglia di cambiarle no.

Che impressione ti ha fatto il Festival di Sanremo?
Non è la mia realtà, ma è ad oggi ancora il festival della musica italiana più importante. Per me è stato un onore essere chiamato come super ospite, spero di aver rappresentato il mio mondo, il mio quartiere, la mia gente, nel miglior modo possibile, senza essere attaccato solo perché faccio rap.

La tua nuova, piccola, rivoluzione riguarderà anche i tuoi concerti?
Il tour nei palazzetti necessitava di un certo tipo di spazi, abbiamo ottenuto grandi risultati anche a livello artistico. Ora è cambiato il concept del disco che ha necessità di una dimensione più intima. Il Forum è stato davvero bello, ma mi sentivo lontano dalla gente, così ho pensato di ricreare uno spazio come fosse casa mia per accogliere tutti nel mio salotto. L’8, il 9 ed il 10 maggio al Fabrique di Milano ricreeremo il concetto di famiglia.

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