Mi sforzerò per non farmi sopraffare dall’amarezza per l’approvazione del Senato della cosiddetta “riforma delle intercettazioni”.
Ho la fortuna e l’onore di poter esercitare la professione di avvocato penalista. Nel processo penale, sempre più spesso la regina della prove è costituita dalle intercettazioni telefoniche e ambientali. Spesso indispensabili all’accertamento della verità. Che io mi trovi a ricoprire il ruolo di patrono della parte civile o quello dell’imputato, ho la pessima abitudine di non limitarmi a studiare quelle indicate nelle informative della polizia giudiziaria o riassunte nelle trascrizioni dei cosiddetti brogliacci. Io me le ascolto tutte dopo aver chiesto copia dei relativi audio. Ne ho facoltà e diritto. Fino ad oggi.
La dottoressa Raffaella D’Atri, classe 1969, dirige l’Ispettorato del Lavoro di Rimini così come negli anni 2014-2016, quando venne delegata anche per la direzione della Dtl di Ravenna “per sopperire a momentanea carenza strutturale”. Raddoppio dell’incarico a titolo gratuito e temporaneo.
Nel dicembre 2014 viene aperta dalla Procura di Ravenna un’inchiesta a carico di alcuni funzionari della Direzione Territoriale della città per corruzione e truffa. I cosiddetti pubblici dipendenti assenteisti e furbetti del cartellino. Un’inchiesta che presto trova ampio risalto sui media locali e non solo, tra il giusto sdegno generale.
Tra ottobre e novembre 2015 vengono effettuate intercettazioni ambientali e telefoniche. Il 21 dicembre 2015 la dottoressa D’Atri viene iscritta nel registro degli indagati. A gennaio tutta la stampa dà ampio risalto al coinvolgimento della nota dirigente nell’inchiesta. A febbraio le locandine dei giornali di tutta la Romagna sono interamente occupate dalla notizia delle perquisizioni e sequestri eseguiti nel suo ufficio e nella sua casa.
Il 21 settembre 2016 la Procura di Ravenna chiede il suo rinvio a giudizio esclusivamente sulla base delle dichiarazioni di due funzionari dello stesso ufficio di Ravenna che la accusano di essere stata informata delle truffe perpetrate dai dipendenti assenteisti e furbetti del cartellino, ma di non aver fatto nulla. Quindi complice. Nonostante ciò, nel novembre 2016 decido ugualmente di chiedere e ottenere dalla Procura di Ravenna copia degli audio di tutte le intercettazioni.
Il quadro che ne emergeva era tanto dirompente quanto imbarazzante: non solo le accuse delle due funzionarie dei confronti della dottoressa D’Atri erano del tutto destituite di fondamento, ma vi emergeva la piena prova che la povera dottoressa D’Atri era temuta e odiata proprio da quegli stessi furbetti del cartellino che si preoccupavano della sua eventuale presenza in ufficio. Lei dirigeva a tempo pieno Rimini e poteva essere presente a Ravenna solo un giorno o due alla settimana.
Il Gup del Tribunale di Ravenna, dopo aver in un primo momento rigettato la mia richiesta di trascrizione di quelle intercettazioni, ha preso atto della presenza di quegli audio da me segnalati. Dopo nove udienze ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere per la dottoressa Raffaella D’Atri, scagionandola da ogni infamante accusa.
Oggi, grazie a questa riforma, la dottoressa D’Atri sarebbe stata rinviata a giudizio e, molto probabilmente, condannata. Chi l’ha concepita non sa cosa vuol dire fare l’avvocato penalista.