Billie Eilish ha presentato al pubblico la sua nuova canzone, colonna sonora del prossimo film della saga di James Bond, dal vivo ai BRIT Awards. L’occasione giusta per ripercorrere la storia delle canzoni più o meno celebri e più o meno riuscite della discografia bondiana
Poco più di una settimana fa, Billie Eilish ha presentato al mondo la sua nuova canzone, ‘No Time To Die’. E lo scorso martedì l’ha suonata per la prima volta in pubblico, in un’occasione decisamente prestigiosa, alla cerimonia dei BRIT Awards, premiazione tra le più importanti dello scenario musicale mondiale.
‘No Time To Die’ è una bella (splendida) canzone, la ciliegina sulla torta che suggella il periodo d’oro della giovanissima cantante americana. Se c’è tutto lo spleen tipico di Billie Eilish e della sua musica, dall’altro lato c’è una caratteristica, che emerge soprattutto nell’arrangiamento di archi e fiati, molto più classica, ed è qualcosa di altrettanto tipico: il suono di James Bond. Infatti, ‘No Time To Die’ è la canzone principale del prossimo, omonimo film dedicato al celebre agente segreto britannico, in uscita in aprile e con il solito cast stellare (accanto a Daniel Craig ci saranno Lea Séydoux, Lashana Lynch, Rami Malek).
Realizzare la colonna sonora di James Bond è uno dei grandi traguardi per la carriera di musicisti e cantanti da 50 anni a questa parte. La serie è talmente longeva, prestigiosa, ed è talmente radicata nell’immaginario collettivo mondiale, che esserne parte regala non solo enorme popolarità, ma uno status molto particolare. Nel tempo sono tanti gli artisti che hanno avuto il privilegio di associare la propria musica alle avventure dell’agente segreto più famoso e affascinante del mondo. E se Billie Eilish è un’istantanea perfetta della musica del 2020, e oltre ad essere la più giovane interprete bondiana di sempre (c’è un record che questa ragazza non sta battendo?) ha realizzato certamente una delle più convincenti bond songs degli ultimi anni, è curioso e divertente ricostruire una mappa delle canzoni che hanno accompagnato mister 007 dal 1962, anno di ‘Dr. No’ (in Italia il titolo è il mitico ‘Licenza Di Uccidere’), primo film sul personaggio creato da Ian Fleming nel 1953. Anche perché, con il filtro del tempo, è divertente vedere quali erano considerati gli interpreti di volta in volta “degni” di essere associati a Bond.
Ad esempio, gli anni ’80 sono stati il regno dei Duran Duran (‘A View To A Kill, 1985, prima e ad oggi unica volta per una “bond song” al numero 1 della classifica USA), di Rita Coolidge (‘All The High’, 1983) e perfino degli A-HA, che nel 1987 pubblicano ‘The Living Daylights’. E se il decennio aveva portato suoni lontani dalla classicità bondiana, fatta di orchestre di archi e ottoni, proprio nel 1989 si torna a un certo gusto retrò con Gladys Knight e la sua ‘Licence To Kill’. Risalendo a ritroso nel tempo, memorabile è la hit di Nancy Sinatra (‘You Only Live Twice’, 1967), da sempre considerata una delle più iconiche canzoni legate a 007 e da cui Robbie Williams ha ripreso l’incipit di archi iniziale per la sua ‘Millennium’ nel 1998. Parlando di icone bondiane le vette si raggiungono con Shirley Bassey e la sua ‘Goldfinger’, “il” classico dei classici se parliamo della mitologia musicale del più noto agente al servizio di Sua Maestà, insieme naturalmente al tema scritto da Monty Norman e diventato famoso nella versione arrangiata e diretta da John Barry. Tra Barry e Norman ci sono state anche diverse vicissitudini finite sui banchi di tirbunale, e Norman in un paio di casi ha addirittura querelato (vincendo le cause) delle testate che avevano riportato l’autore sbagliato. Una contesa alimentata dal fatto che John Barry abbia arrangiato il tema e poi composto molto musiche e molti brani inseriti nei film di Bond (tra cui anche ‘Goldfinger’, appunto). Miss Shirley Bassey è stata poi protagonista di altri successi bondiani: ‘Diamonds Are Forever’, altro successo entrato nell’immaginario collettivo (“un diamante è per sempre” è un modo di dire piuttosto comune) campionato o preso in prestito spesso e volentieri (Kanye West, per citarne uno, nella sua ‘Diamonds From Sierra Leone’), e con la chicca della versione italiana ‘Vivo Di Diamanti’ con testo di Gianni Boncompagni e presente nei titoli di coda del film nel nostro Paese; e poi ‘Moonraker’ nel 1979, dopo la parentesi di Carly Simon nel 1977 con la notevole ‘Nobody Does It Better’, quasi a sancire la chiusura di un periodo storico prima che gli anni ’80 arrivassero a dare una rinfrescata anche allo stile musicale di Mr. Bond.
Rinfrescata che ha poi finito per far sentire la nostalgia di una certa estetica. Così negli anni ’90 fanno capolino una serie di tracce che diventano una seconda età classica delle colonne sonore di 007. E un trio di grandi voci femminili marchia a fuoco il decennio: Tina Turner con ‘GoldenEye’ nel 1995 (scritta da Bono e The Edge degli U2); Sheryl Crow con la sua ’Tomorrow Never Dies’ nel 1997; e Shirley Manson (naturalmente con i Garbage) nel 1999 con ‘The World Is Not Enough’. Sempre una voce femminile traghetta James Bond nel nuovo millennio: si tratta nientemeno che di Madonna. La sua ‘Die Another Day’ del 2002 è tra le canzoni più divisive della discografia legata a 007. Amatissima da chi ci vede un seme di originalità e di rinnovamento rispetto al passato, e biasimata da chi ci vede un punto basso nella carriera di Madge quanto nella lettura dell’immaginario bondiano. Un immaginario che per tutto il decennio verrà riletto e reinterpretato con risultati quasi sempre scarsi, o perlomeno non proprio memorabili, da Chris Cornell al duetto Alicia Keys/Jack White.
Bisogna aspettare gli anni ’10 per ritrovare i cliché delle grandi canzoni bondiane. ‘Skyfall’ di Adele è un successo clamoroso in tutto il mondo; Sam Smith e la sua ‘Writing’s On The Wall’ non riscuotono lo stesso consenso unanime, ma il pezzo funziona e va comunque bene, con buona pace dei Radiohead che erano stati scartati con la loro ‘Spectre’ (forse sarebbe stata la scelta giusta?) e di Thom Yorke che pare si fosse decisamente risentito.
Altre canzoni non proprio considerate all’interno dell’universo di 007, sebbene non siano state scartate, sono il ‘James Bond Theme’ (proprio quello di Monty Norman) remixato da Moby nel ’97 per ’Tomorrow Never Dies’, e ‘We Have All The Time In The World’ di Louis Armstrong, che oggi è un brano famosissimo, e per molti un testamento artistico di Satchmo, ma ai tempi non ebbe un grande successo. Era anzi quasi eclissato dalla versione strumentale di John Barry, autore del pezzo. La versione cantata da Armstrong sbocciò soltanto molti anni più tardi, nel 1994, grazie a una campagna pubblicitaria della birra irlandese Guinness.
A proposito di autori: se Monty Norman e John Barry sono i due nomi maggiormente legati alle colonne sonore di Bond (Barry si occupa delle musiche di tutti i film fino al 1987, tranne ‘For Your Eyes Only’ in cui c’è Bill Conti, ed è poi consulente della produzione per molti film a seguire) non vanno dimenticati i compositori David Arnold (sue le musiche dei cinque film dal 1997 al 2008), Michael Kamen (‘Licence To Kill’, 1989), Éric Serra (‘GoldenEye del ’95), Thomas Newman (‘Skyfall’ del 2012 e ‘Spectre’ del 2015) e Hans Zimmer che ha curato la musica del prossimo ‘No Time To Die’.
E poi? Poi ci sono tante altre bond songs che non hanno brillato particolarmente: Tom Jones, Sheena Easton, Lulu, Matt Monro non hanno esattamente scritto pagine indimenticabili della storia della musica prestando il loro talento all’agente segreto. Chi invece l’ha fatto, è uno che di pagine ne ha scritte tante, e che anche qui non ha fallito l’obiettivo: Sir Paul McCartney. ‘Live And Let Die’ dei suoi Wings è un capolavoro di scrittura, ed è sicuramente la canzone più originale e anomala dell’intera discografia bondiana. Eppure, è un grande classico. D’altronde, il genio…