Patrick Finucane la mattina del 12 febbraio 1989 stava serenamente consumando la colazione assieme alla sua famiglia, la moglie Geraldine e i tre figli piccoli. Era una domenica. All’improvviso due uomini col volto travisato fecero irruzione in casa sfondando la porta d’ingresso con una mazza. Finucane fu successivamente colpito e ucciso con 14 proiettili, 12 dei quali ravvicinati al viso. Finucane viveva a North Belfast ed era un noto avvocato cattolico, penalista e difensore, tra gli altri, di membri dell’Ira. Il suo omicidio – commesso da due membri del gruppo paramilitare lealista Uda, Ulster defence association, ha rappresentato forse l’episodio più “eccellente” dell’intero periodo dei troubles, i “guai” che hanno insanguinato l’Irlanda del Nord tra il 1969 e la Pasqua del 1998 con il Good Friday Agreement. Sono passati più di trent’anni da quel fatto di sangue e quasi ventidue dagli accordi, eppure la famiglia Finucane continua a restare nel mirino.

Ieri mattina all’alba un ordigno è stato lanciato all’interno della residenza di Martin Finucane, fratello dell’avvocato assassinato nel 1989. Per fortuna la bomba non è esplosa, ma stando alle indagini della Psni, la polizia nordirlandese, avrebbe potuto, se innescata, provocare danni molto seri alle persone all’interno della casa a West Belfast, la zona cattolica della città. Il blitz è avvenuto attorno alle 6,30, ma i dettagli e le testimonianze raccolte al momento appaiono abbastanza scarni. Si parla di una macchina che si sarebbe allontanata a velocità sostenuta dopo il lancio dell’ordigno contro una delle finestre dell’abitazione di Finucane in Glenties drive. Finucane è uno dei più noti attivisti per i diritti umani e tra i fondatori dell’organizzazione Relatives for Justice, la cui sede si trova ad un paio di chilometri dalla casa di Finucane: “Martin ha girato il mondo per fare luce sulle collusioni dietro l’omicidio di suo fratello e su tanti altri” afferma il leader di Rfj, Mark Thompson.

In effetti sugli esecutori del brutale omicidio di Pat Finucane è stata fatta parziale chiarezza, con l’arresto di un membro dell’Uda ed informatore della Ruc (Royal Ulster Conbstabulary, la polizia nordirlandese del tempo). Sui mandanti e sui depistaggi, al contrario, non è mai stata fatta chiarezza fino a quando l’allora premier britannico, David Cameron, ammise la costruzione di un vero e proprio castello di carte per nascondere i poteri occulti dietro l’efferato assassinio. Tra i vari incarichi attuali, Martin Finucane è membro del Pat Finucane Center, un’associazione impegnata a fare chiarezza su decine e decine di fatti di sangue durante i troubles, che si dice “scioccata dalla notizia dell’attentato”. Il parlamentare nordirlandese del Sinn Fein, il partito nazionalista repubblicano, Paul Maskey chiede “l’aiuto di chiunque possa aiutare a far chiarezza su un attacco contro la famiglia Finucane e la comunità locale”. Quella domenica mattina di trentuno anni fa ad assistere all’esecuzione di Pat Finucane c’era suo figlio John di 9 anni. Oggi John Finucane, avvocato ed ex calciatore, è un parlamentare del Sinn Fein: “Gli autori di questo attacco cercano di intimidire la mia famiglia. Non ci riusciranno”.

Chi pensa che in Irlanda del Nord la pace firmata nel 1998 tra i gruppi militari e le comunità repubblicane cattoliche e unioniste protestanti sia stabile si sbaglia di grosso. La tensione corre sempre sul filo e l’incertezza sugli accordi della Brexit per l’Ulster e le sei contee/colonie di Londra potrebbe riaccendere un conflitto sopito. Le differenze e le distanze tra le due comunità restano. All’inizio di febbraio in un quartiere lealista alla periferia est di Belfast, Strand road, una sparatoria ha provocato due feriti gravi. La settimana scorsa la polizia di Derry, seconda città dell’Irlanda del Nord, ha arrestato il presunto responsabile della morte della giornalista Lyra McKee, colpita alla testa la sera del 18 aprile scorso da una pallottola vagante durante gli scontri tra manifestanti e polizia.

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