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Alimenti per bambini, oltre il 50% dei prodotti pubblicizzati non è sano: uno studio svela i cibi meno salutari

Una ricerca rivela che oltre il cinquanta per cento dei prodotti alimentari pubblicizzati non è salubre. E riguardano soprattutto quelli pensati per un pubblico di giovanissimi. Abbiamo messo a nudo i colpevoli principali

di Vita&Salute per il Fatto

Hanno fatto una certa impressione i risultati di una ricerca (PlosOne, ottobre 2019) che ha confrontato il profilo nutrizionale dei 2.691 alimenti confezionati più venduti in 20 Paesi Ue e particolarmente rivolti a un pubblico giovanile. Che cosa hanno scoperto? Oltre il 50% di prodotti alimentari pubblicizzati non è amico della nostra salute. Si tratta soprattutto di prodotti per la colazione, conserve e prodotti trasformati a base di pesce, yogurt variamente addizionati, carne trasformata come scatolame, salumi, pasti pronti.

Lo studio ha esaminato gli alimenti dal punto di vista nutrizionale utilizzando due diverse metodologie, anche per valutarne l’idoneità a essere pubblicizzati con messaggi direttamente rivolti ai bambini.

Il primo sistema di valutazione, di manica più larga essendo stato messo a punto dall’associazione dei produttori e dei pubblicitari europei, ha comunque comportato la bocciatura mediamente del 48% dei prodotti, variando da un massimo per le carni trasformate (65%) fino a un minimo per gli yogurt (29%). È da considerare inoltre che lo stesso sistema valutativo ha adottato nuovi parametri che sono operativi dalla fine del 2019. Con questi nuovi criteri, più restrittivi, gli alimenti bocciati sarebbero stati il 55%. Insomma, produttori e pubblicitari dichiarano che più di un alimento su due, tra quelli pensati e diretti a un consumatore giovane, non è salutare.

L’altro sistema di valutazione, utilizzato dall’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) e più rigoroso, ha ritenuto inadeguati per la dieta dei bambini il 68% dei prodotti, con un massimo dell’80% per i cereali per la colazione e un minimo del 31% per il pesce trasformato. In pratica, due alimenti su tre contengono troppi grassi, zucchero e sale, mentre scarseggiano le fibre.

Ecco di seguito i principali alimenti problematici, i difetti rilevati e le possibili alternative salutari.

I “cereali” per la colazione – Le virgolette sono d’obbligo per prodotti che sfruttano abilmente una denominazione (cereali) che nell’immaginario collettivo è associata a un’alimentazione salutare e naturale. Dai cornflakes a muesli vari, in realtà si tratta, come conferma anche questa ricerca, di prodotti più simili a biscotti, troppo ricchi di zucchero e di sale e con un terzo delle fibre che l’Oms raccomanda siano presenti negli alimenti destinati agli europei.

Questi prodotti per la prima colazione contengono il 33-42% di zucchero e parecchi grassi (fino al 14%), spesso di origine e qualità dubbia. Tra l’altro, anche le confezioni non brillano per chiarezza. Quasi sempre, per esempio, vi si leggono scritte che esaltano la presenza di vitamine e ferro, elementi nutritivi marginali in questo tipo di prodotti. Senza contare che le tecniche di vendita sfruttano meccanismi subdoli, ma largamente utilizzati proprio perché efficaci: centinaia di spot pubblicitari al giorno, quaderni e materiale scolastico “siglati”, gadget appesi ovunque (cartolerie, edicole, benzinai, grandi magazzini), i personaggi dei cartoni televisivi oppure i protagonisti dell’ultimo film per ragazzi che occhieggiano dalle confezioni e, naturalmente, i messaggi via “social”, ai quali i ragazzi sono molto sensibili. A questo punto, quello che c’è dentro le confezioni passa evidentemente in secondo piano.

Alternative. Meglio scegliere per colazione pane integrale, miele, frutta fresca e cotta, semi oleosi (con le relative creme spalmabili). Vanno bene anche un dolce casalingo (senza zucchero, ma con uvetta e frutta fresca) oppure una pizza con verdure senza formaggio.

Yogurt sì, ma bianco e non dolcificato – È un alimento dotato di pregi salutistici e nutrizionali, soprattutto se confrontato con il latte di partenza. I fermenti che trasformano il latte in yogurt non solo predigeriscono proteine, grassi e carboidrati, rendendo il latte molto più assimilabile e adatto anche per parecchi allergici al lattosio (che è ridotto del 50% rispetto al latte), ma lo arricchiscono di vitamine e migliorano l’assimilabilità del calcio e degli altri minerali. Insomma, una sorta di alimento-medicina al cui consumo regolare, tipico delle popolazioni caucasiche, sembra sia da attribuire la loro notevole longevità.

La realtà commerciale è tuttavia diversa. Ricerche di mercato testimoniano che solo il 35% dello yogurt è acquistato “bianco” e successivamente consumato tal quale o arricchito con frutta fresca. Nelle confezioni del restante 65% si trova veramente di tutto, visto che la competizione tra i diversi produttori non si gioca più ormai sulla presenza di fermenti utili per l’intestino (e non solo), ma soprattutto su aroma e gusto. Largo quindi a composte di frutta (nel migliore dei casi), ma anche a zucchero e dolcificanti, piccoli biscotti, panna e grassi e quant’altro le strategie di vendita ritengano utile. Con una conseguenza, però. Un prodotto semplice come lo yogurt bianco, relativamente poco calorico e che sostanzialmente si conserva da solo per tempi abbastanza lunghi (se riposto in frigorifero) si trasforma in una miscela complessa, ricca di calorie e di qualità mediocre che richiede l’aggiunta di aromi, antiossidanti e sostanze che ne evitino l’imbrunimento. Non è un caso che la ricerca citata metta sotto accusa circa il 30% degli yogurt europei come troppo ricchi di zucchero e di grassi, sia totali che saturi.

Alternative. Il più indicato è lo yogurt bianco (magari preparato in casa), eventualmente arricchito al momento del consumo con fiocchi di cereali, uvetta, frutta fresca.

Piatti pronti? Meglio cucinare – La ricerca ha preso in considerazione le preparazioni pronte a base di carne e di pesce (burger, impanati, bastoncini…). Tutte caratterizzate da un eccesso di sale e di grassi, e quindi inevitabilmente troppo caloriche. Si tratta di alimenti che subiscono più di un trattamento termico prima di arrivare nel piatto, perdendo per strada sostanze preziose come vitamine, antiossidanti, enzimi. Senza contare che in questo tipo di alimenti, per evidenti esigenze commerciali, il sapore deve essere standardizzato. Cioè prima “azzerato” e poi ricostituito con opportune aggiunte. Insomma, anche solo per motivazioni gastronomiche, meglio starci alla larga. Senza contare che il consumo di alimenti processati (che sono cioè il risultato di un processo tecnologico e di cui i piatti pronti sono una parte importante), produce un aumento del rischio di obesità e di malattie metaboliche come il diabete e le cardiopatie.

Vale veramente la pena di dedicare qualche minuto ogni giorno alla cucina, magari organizzandosi un po’ e utilizzando semmai il frigorifero e il congelatore domestici, più che sufficienti per conservare senza problemi verdure fresche o cotte, cereali integrali e legumi cotti da noi in attesa del consumo.

Articolo per Vita&Salute di Paolo Pigozzi – Medico nutrizionista

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