La convivenza dev’essere attestata con un contratto stipulato davanti un avvocato: così viene superato l'impasse burocratico che rendeva impossibile al compagno straniero di restare in modo regolare. Lo studio Damiani&Damiani di Torino: "Un grande passo per l’Italia, riconosciuto pregiudizio del diritto all'unità familiare, costituzionalmente garantito"
Un “patto di convivenza” è sufficiente per iscrivere il partner extracomunitario all’anagrafe anche se non ha il permesso di soggiorno. Lo ha stabilito il tribunale di Modena che ha imposto al Comune di Formigine di inserire nei registri dei residenti la convivente indonesiana (pronuncia analoga a una del tribunale di Bologna). I giudici, spiegano dallo studio Damiani&Damiani di Torino che da anni segue casi di questo tipo, hanno riconosciuto il pericolo dell’espulsione della donna dal territorio italiano, “con pregiudizio del suo diritto all’unità familiare, costituzionalmente garantito”.
“Tutte le coppie miste – sottolinea l’avvocata Anna Sagone che ha seguito il caso insieme alla legale Irene Damiani – a prescindere dal permesso di soggiorno o meno, potranno ottenere un permesso per ricongiungimento familiare a fronte della sola convivenza di fatto. Le coppie di fatto per la legge costituiscono a tutti gli effetti una famiglia: unione caratterizzata da un vincolo affettivo non formalizzato né col matrimonio, né con l’ unione civile, né con altra forma di registrazione ufficiale. E questo viene confermato anche dalla Cassazione”. Peraltro anche le direttive dell’Ue prevedono di “agevolare l’ingresso e il soggiorno del partner con cui il cittadino abbia una relazione stabile debitamente attestata”.
In sostanza il necessario requisito anagrafico della coabitazione viene sostituito dal “patto di convivenza” con cui superare l’impasse burocratico a causa del quale per i Comuni non è possibile accettare la richiesta di riconoscimento di “coppia di fatto” perché da un lato il cittadino extracomunitario non poteva avere una residenza e dall’altra parte la questura non poteva rilasciare il permesso di soggiorno perché il Comune non rilasciava il certificato di “coppia di fatto”. Una situazione che blocca tutto, rendendo impossibile al compagno straniero di restare in Italia in modo regolare: le uniche possibilità finora erano naturalmente il matrimonio o un visto di studio o di lavoro, molto difficili da ottenere e comunque temporanei.
“Oggi, più di prima, quindi – concludono gli avvocati – proseguiremo la nostra battaglia nella tutela del diritto alla famiglia, forti della fondatezza delle nostre ragioni, accolte già da due Tribunali. Sperando che le Pubbliche Amministrazioni recepiscano nel minor tempo possibile queste decisioni. Questo è un grande passo per l’Italia, un momento importante che ci avvicina al concetto di autentica integrazione anche in nome dell’amore”.
Con questa decisione si è aperta la concreta possibilità di regolarizzare tutte quelle situazioni di convivenza di fatto tra cittadino italiano e convivente extracomunitario, senza per questo avere timore di agevolare l’immigrazione clandestina. Infatti, la convivenza dev’essere provata e attestata con un contratto stipulato ai sensi della Legge e davanti un avvocato che se ne assume la responsabilità a garanzia della tutela dello Stato di Diritto, delle truffe e della sicurezza dei cittadini.