Il G8 del 2012 si tiene negli Stati Uniti e a fare gli onori di casa c’è Barack Obama. Si riuniscono gli otto governi più ricchi al mondo per discutere di politica ed economia internazionale. “In questi due giorni dobbiamo creare tutti insieme una ‘Growth agenda’, che sappia coniugare crescita e disciplina fiscale”. Il 18 maggio a Camp David in Maryland la prima giornata passa senza troppi sussulti. Si dice e si ascolta, si interviene e si pongono domande. Tanta teoria, non è ovviamente questo il momento di agire. Anche la mattinata successiva tutto prosegue nella norma. Obama, il primo ministro canadese, Holland, Yoshihiko Noda, il nostro presidente del consiglio Mario Monti, il primo ministro russo Medvedev. Tutti ad appuntarsi le cose più importanti. Sono rilassati, anche l’abbigliamento non è troppo formale. Un po’ meno rilassati sembrano invece essere Angela Merkel e David Cameron. È dalle 14:45 ora locale che guardano l’orologio.

“C’è qualcosa che non va?”, Obama è sempre molto gentile. Niente, Presidente… Ma all’Allianz Arena di Monaco di Baviera si sta giocando la finale di Champions League tra Bayern e Chelsea. Germania contro Inghilterra. Merkel contro Cameron. Angela Merkel è da sempre appassionata di calcio, dai tempi in cui di cognome faceva ancora Kasner e tifava per una squadra biancorossa della DDR, FC Cottbus, di cui oggi è membro onorario. Davide Cameron si è sempre professato tifoso dell’Aston Villa (anche se qualche scivolone calcistico ha messo in dubbio la sua passione). Qui sono in veste istituzionale, vogliono tifare per il club del proprio paese. Nella partita sono indirettamente coinvolti anche il primo ministro di Mosca per via della proprietà del Chelsea, che da anni grazie a Abramovich è russa e Monti visto che sulla panca dei blues c’è Roberto Di Matteo. L’italiano è al timone della formazione londinese da appena due mesi, Monti è premier da non molto più tempo. Villas-Boas doveva essere il nuovo Mourinho eppure non ha convinto, serviva dunque un traghettatore che conoscesse bene lo spogliatoio per averlo frequentato da giocatore. “Roberto, chiudiamo la stagione meglio che si può”.

Di Matteo a fari spenti ha battuto in semi il Barcellona, portando la squadra all’atto finale della Champions League che mai il club è riuscito a vincere, nemmeno con allenatori come Mou e Ancelotti. Fa un calcio vecchia maniera, all’estero dicono all’italiana quando si vuole evitare la parola catenaccio. I tempi regolamentari della finalissima non bastano: al gol di Thomas Muller, ha risposto con un bel colpo di testa Didier Drogba, quando mancavano due minuti al novantesimo. Ai supplementari Cech para un rigore a Robben. Per il Bayern non sembra serata. Si decide tutto ai rigori. Ed è qui che tutti i presenti al G8 si mettono davanti al televisore. Il capitano degli inglesi John Terry è squalificato, quattro anni prima a Mosca era scivolato dal dischetto consegnando (l’errore finale è però di Anelka) la vittoria al Manchester United. Ma al Chelsea questa volta va molto meglio. Il rigore decisivo lo segna Didier Drogba, vero protagonista della serata.

La Merkel rimane in piedi. Pietrificata. In generale non le piace tanto perdere. Cameron con le maniche della camicia arrotolate alza le braccia. Esulta. Poi molto signorilmente i due si stringono la mano e sportivamente si abbracciano. È una vittoria per i londinesi che arriva inaspettata. Di Matteo si gode il momento. È l’eroe per un giorno, ma è subito messo in discussione. Nonostante inizi la stagione successiva al suo posto di comando, la sua avventura dura solo fino a novembre. Gli è fatale una sconfitta in Champions contro la Juve. Alla vigilia Andrea Pirlo aveva criticato il suo gioco, giudicato troppo rinunciatario. Mister Di Matteo oggi è sparito dai radar. E anche della “Growth agenda” si è saputo gran poco.

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