Scuole, università, uffici, concorsi, trasporti. E partite: l’emergenza del coronavirus non ha risparmiato nemmeno il pallone. L’ultimo dei problemi a cui pensare in casi simili. Ma proprio per il pallone sarà un problema enorme: il calcio moderno, quello delle pay-tv, delle competizioni incrociate e dei calendari intasati non si può permettere nemmeno un rinvio per cause di forza maggiore, arrivati a questo punto della stagione. La Serie A sta tremando.
Inter-Sampdoria, Atalanta-Sassuolo, Verona-Cagliari, Torino-Parma: in questo weekend quattro partite sono state rinviate a data da destinarsi (nelle categorie inferiori non si contano, ma lì non ci sono gli stessi soldi ed interessi in ballo). Non sta a noi stabilire se sia stato giusto o meno. C’è chi lo ritiene eccessivo, chi opportuno, ognuno può avere la propria opinione ma è giusto che in una situazione del genere siano le istituzioni, cioè il governo, a prendersi la responsabilità. Di sicuro alcune decisioni hanno fatto discutere. Lo stop della partita di Serie B fra Ascoli e Cremonese, ad esempio, imposto nel pomeriggio di sabato dalla Prefettura, è andato contro la stessa linea adottata poi dal ministero dello Sport, per cui erano da sospendere soltanto le partite nelle aree del contagio (cioè in Lombardia e Veneto), e non quelle in trasferta delle squadre di queste Regioni. Oppure Torino-Parma, il quarto match rinviato a distanza di nemmeno dodici ore dal comunicato del Consiglio dei ministri che non menzionava il Piemonte. Insomma, non tutto è stato logico e lineare.
Ormai questa giornata è andata. Una cosa è certa, però: quel che è stato nel weekend non potrà ricapitare domenica prossima. Di tutte le partite rinviate, quella più complicata da recuperare è Inter-Sampdoria: se non dovessero essere eliminati in Europa League o Coppa Italia, tra turni di coppa, infrasettimanali e soste della nazionale i nerazzurri non avrebbero una finestra libera fino al 20 maggio. Quattro giorni prima della fine del campionato, già così siamo ai limiti della regolarità. E domenica in calendario ci sarebbe Juventus-Inter: non una partita qualsiasi, la partita dell’anno. Che non può saltare. Se salta quella salta praticamente la Serie A, visto che incrociando gli impegni delle due big per il recupero si andrebbe oltre la fine del campionato, quando però devono iniziare gli Europei.
Il problema è che mantenendo il criterio adottato nel weekend sembra impossibile giocare regolarmente: se vale il principio di sospendere le attività in ogni area di contagio, diverse altre gare dovrebbero essere destinate allo stop. Forse persino Juve-Inter. Oggi ci sarà un consiglio federale in Figc, a cui parteciperanno anche rappresentanti del governo. Il mondo del pallone sta provando a far capire che un altro rinvio non è immaginabile. Per ora il premier Conte resta prudente: “Se avremo un forte effetto contenimento ci rassicurerà, ma non credo che potremo allentare nel giro di qualche giorno. In questo momento non saprei dire se la prossima settimana continueremo con le stesse misure”.
La soluzione più probabile è una ripresa delle attività a porte chiuse nelle aree interessate dal contagio (come dovrebbe avvenire in settimana già per Inter-Ludogorets di Europa League). Così i calendari sarebbero salvi, ma solo quelli. Immaginate un Juventus-Inter, la partita dello scudetto, giocata a Torino senza pubblico: tra danno d’immagine, danno economico (5 milioni d’incasso bruciati, non proprio spiccioli per Agnelli) e regolarità della partita alterata (senza tifosi non sarebbe la stessa cosa), semplicemente un disastro. Sperando poi che la situazione migliori, auspicio su cui al momento non c’è alcuna garanzia. Il campionato nella peggiore delle ipotesi può saltare, scenario apocalittico a cui nessuno vuole credere e che quasi sicuramente verrà scongiurato. Ma nella migliore rischia davvero di essere falsato.