I conservatori hanno stravinto. Ma solo sulla carta, perché ciò che più temevano per le elezioni parlamentari in Iran, tenutesi per rinnovare la composizione dell’assemblea, il 21 febbraio, è avvenuto: solo il 42% degli iraniani, minimo storico dalla rivoluzione del 1979, si è recato alle urne per il rinnovo del Majlis, depotenziando la vittoria dei conservatori. Da una parte l’astensionismo già annunciato da parte di moderati e riformisti, in polemica per le bocciature della maggior parte dei loro candidati da parte del Consiglio dei Guardiani, che in Iran decide sull’ammissibilità dei candidati.
Solo quattro elettori su dieci si sono recati alle urne in Iran per il rinnovo del Parlamento, e addirittura solo uno su quattro a Teheran. Le percentuali, annunciate domenica dalle autorità dopo un’attesa di ben due giorni, sono le più basse nella storia della Repubblica islamica, la cui credibilità fra i cittadini è stata scossa negli ultimi mesi da una serie di eventi tragici. In particolare dalla morte di Soleimani e dall’abbattimento per errore dell’aereo ucraino. Non c’è da stupirsi, dunque, se anche di fronte all’emergenza del coronavirus che in questi giorni investe il Paese, gli iraniani si mostrano restii ad accettare le stime delle autorità e ad essere rassicurati dalle loro capacità di reazione.
La scarsa affluenza alle urne, ampiamente prevista, ha contribuito alla conquista del Parlamento da parte dei conservatori, sempre aiutati dall’astensione. Come anticipato ufficiosamente sabato, i fondamentalisti (Usulgaran) si sono aggiudicati almeno 221 dei 290 seggi dell’assemblea, ma potrebbero aumentare il bottino con i ballottaggi per 14 seggi in programma il 17 aprile. Gli indipendenti si sono aggiudicati 34 deputati e i riformisti soltanto 16. Primo fra gli eletti a Teheran dovrebbe essere il conservatore Mohammad Bagher Qalibaf, ex generale dei Pasdaran ed ex sindaco della capitale. Molti lo indicano come il prossimo presidente del Parlamento, e forse anche successore del moderato Hassan Rohani alla presidenza della Repubblica il prossimo anno.
Ma il dato che tutti aspettavano come termometro della popolarità del sistema islamico era appunto quello sulla partecipazione al voto, dopo episodi che hanno avuto un forte impatto sull’opinione pubblica, come la repressione delle proteste per il caro benzina in novembre – di cui non è ancora stato fornito il numero di vittime – e l’abbattimento da parte della contraerea iraniana in gennaio del Boeing ucraino con a bordo 145 iraniani. Proprio questi fatti sono stati citati dal ministro dell’Interno, insieme con la paura per il coronavirus, come possibili spiegazioni della scarsa affluenza (il 42,57% a livello nazionale e il 25,4% a Teheran). Ma la Guida suprema, Ali Khamenei, ha accusato i media stranieri di avere influito sul livello di partecipazione con una campagna per scoraggiare gli elettori dal recarsi alle urne, usando anche la paura per il coronavirus.
“Gli stranieri – ha affermato la Guida – hanno messo in atto una massiccia propaganda negativa attraverso vari modi per minare la partecipazione popolare e solo due giorni prima delle elezioni i loro media hanno cercato di convincere la gente a non votare con il pretesto della diffusione di un virus”. È stato proprio mercoledì che le autorità iraniane hanno ammesso le prime due vittime per il coronavirus. Il bilancio è ora salito a 50 morti, come ha scritto l’agenzia Insa. Un numero smentito dal governo. Seguendo l’esempio dell’Iraq, domenica anche il Pakistan, la Turchia e l’Armenia hanno chiuso le loro frontiere con l’Iran. Ankara ha anche sospeso temporaneamente i voli dalla Repubblica islamica, accentuando il senso di isolamento del Paese. Dopo la cancellazione dei voli di molte compagnie straniere negli ultimi anni, la Turkish Airlines ha finora mantenuto diversi collegamenti aerei quotidiani con Teheran, usati dagli iraniani per recarsi in Europa, negli Usa e in Canada dopo avere fatto scalo a Istanbul.