Un gruppo di ricercatori della Northeastern University e dell'Imperial College di Londra ha condotto un interessante studio su alcuni dei più popolari smart speaker del mercato, al fine di capire quando si attivano erroneamente, col rischio di registrare le nostre conversazioni.
Gli smart speaker ci spiano davvero? Nell’ultimo anno sono state molte le notizie riguardo ai dispositivi intelligenti di Amazon, Google, Apple e Microsoft che registravano spezzoni di conversazioni, conservandoli poi anche quando gli utenti ne chiedevano la cancellazione e soprattutto facendoli analizzare da personale umano. Per capirne di più, un team di ricercatori provenienti dalla Northeastern University e dell’Imperial College di Londra ha condotto un interessante studio su alcuni dei più popolari smart speaker del mercato, al fine di capire quando si attivano erroneamente, col rischio di registrare le nostre conversazioni.
“Negli ultimi sei mesi, il nostro team ha condotto ricerche per andare oltre i racconti aneddotici attraverso l’uso di esperimenti ripetibili e controllati al fine di fare luce su ciò che induce gli assistenti vocali ad attivarsi e registrare erroneamente”, spiegano i ricercatori nell’introduzione. “gli obiettivi principali della nostra ricerca sono di rilevare se, come, quando e perché gli altoparlanti intelligenti registrano inaspettatamente l’audio dal loro ambiente. Ci interessa anche capire se è possibile rilevare tendenze basate su determinate parole non di attivazione, tipo di conversazione, posizione e altri fattori”.
Per raggiungere lo scopo, i ricercatori hanno esposto gli smart speaker Google Home Mini di prima generazione, Apple Homepod di prima generazione, Harman Kardon Invoke con a bordo Microsoft Cortana e gli Amazon Echo Dot di seconda e terza generazione a 125 ore di dialoghi controllati e replicabili presi da diverse serie TV di Netflix. Tutti i dispositivi erano inseriti in un ambiente controllato, in cui era presente una videocamera per rilevare l’attivazione degli smart speaker, un microfono per individuare la risposta a eventuali ordini involontari e un wireless access point per registrare tutto il traffico di rete tra i dispositivi e Internet.
I primi risultati ci dicono che nessuno speaker registra in maniera continuativa, ma la media delle attivazioni accidentali si aggira tra 1,5 e 19 volte al giorno (inteso come 24 ore). I dispositivi col maggior numero di attivazioni sono risultati essere l’Apple HomePod e l’Harman Kardon Invoke con Cortana, seguiti dall’Amazon Echo Dot seconda serie, dal Google Home Mini e dall’Amazon Echo Dot di terza generazione. In ogni caso nessuna delle attivazioni si è rivelata consistente, ossia ripetibile con prevedibilità. “Ciò potrebbe essere dovuto a una certa casualità nel modo in cui gli altoparlanti intelligenti rilevano le parole di attivazione, oppure al fatto che gli altoparlanti intelligenti siano in grado di apprendere dagli errori precedenti e cambiare il modo in cui rilevano le parole di attivazione”, spiegano sempre i ricercatori.
In generale inoltre, non ci sono state serie TV che non hanno mai causato attivazioni. Ogni serie TV ha causato almeno un’attivazione in ogni smart speaker e le due che ne hanno causate di più in assoluto (Una mamma per amica e The office) contengono mediamente una maggior quantità di dialoghi, cosa che sembrerebbe indicare, almeno in parte, che il numero di attivazioni sia correlato con la quantità di dialoghi. In ogni caso, tutte le attivazioni sono state abbastanza lunghe da poter registrare accidentalmente brani di conversazioni sensibili, con la durata minore dell’attivazione che ha raggiunto o superato i 6 secondi, fino a raggiungere un tempo compreso tra i 20 e i 43 secondi, da parte dell’Amazon Echo Dot di seconda generazione e dell’Harman Kardon Invoke.