A Prato, dove vivono tra i 25 e i 30mila cinesi, al momento non c’è ancora un contagiato da coronavirus. Eppure, più che il virus, a destabilizzare la città è l’allerta nei confronti di coloro che devono ancora rientrare dal Capodanno cinese: il Comune e la Regione Toscana sono preoccupati per i 700 cinesi (500 a Prato e 200 a Firenze) a cui gli imprenditori del distretto Pronto Moda non garantiranno, come sempre, un alloggio. Per questo lunedì il Presidente della Regione Enrico Rossi e il sindaco Matteo Biffoni hanno scritto al console cinese a Firenze per chiedere i nominativi di tutti coloro che sono già tornati e che dovranno tornare senza la certezza di un domicilio. Una richiesta caduta nel vuoto che ha portato Rossi e Biffoni a scrivere direttamente al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: “Adesso intervenga il governo” hanno scritto rivolgendosi anche al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, perché faccia pressione sull’ambasciata della Repubblica popolare cinese a Roma.
“Basta un contagio per creare il caos in tutta la città” – A Prato, come spiega uno dei più ascoltati rappresentanti della comunità cinese, Xu Quilin, gli abitanti si sono già messi in “autoquarantena” volontaria da più di un mese. In tutto sono circa 1.300 persone, di cui 364 bambini. Eppure, sui 2.500 che hanno partecipato al Capodanno, ce ne sono ancora 700 che dovranno rientrare nei prossimi giorni: con il virus che imperversa anche in Italia, però, gli imprenditori non hanno assicurato loro un alloggio. E quindi la Regione Toscana e il Comune di Prato, d’accordo con la Asl Toscana centro, temono “soluzioni fai da te” (come i capannoni) da parte di quei lavoratori cinesi che ritorneranno, soprattutto se sprovvisti di alcun controllo sanitario. A Palazzo Strozzi Sacrati, sede della giunta regionale, si teme che molti di loro siano irregolari e basterebbe un caso di contagio, spiegano dallo staff del governatore Rossi, “per creare il caos in tutta la città”. Per questo è arrivata la richiesta ufficiale al console cinese a Firenze Wang Wengang che però al momento non ha ottenuto alcuna risposta: “Se non hanno un posto dove stare, non tornino” è stata la richiesta di Rossi al console cinese. Un caso che di ora in ora sta diventando anche diplomatico.
Le polemiche sulla quarantena – Non è la prima polemica sul coronavirus che riguarda Prato: alla vigilia dei primi contagi in Italia, il virologo Roberto Burioni aveva lanciato l’allarme chiedendo al governatore Rossi di mettere in quarantena per 14 giorni “i 2.500 cinesi che rientreranno dalla Cina in Toscana” perché è “l’unica arma di difesa che abbiamo per proteggerci dal coronavirus e non possiamo non usarla”. Rossi – che dopo i primi contagi ha imposto la quarantena a chi ha avuto contatti con contagiati e quella volontaria per chi è tornato dalla Cina negli ultimi 14 giorni – aveva dato del “fascioleghista” al virologo mentre il direttore della Prevenzione della Asl Toscana Centro, Renzo Berti, prima aveva sminuito l’allarme perché la maggior parte dei cinesi residenti in Toscana proviene dalla provincia di Zhejiang “dove l’incidenza è di 2 casi ogni 100mila abitanti” e poi, sabato in un’intervista al Tempo, aveva dato ragione a Burioni contro Rossi: “In generale la quarantena è una misura molto protettiva, quindi può essere opportuna in situazioni dove c’è un timore di contagio diffuso” ha detto Berti. Ora le nuove polemiche sulle generalità delle 2.500 persone di ritorno dalla Cina anche se a Prato, ormai, l’autoquarantena vige già da almeno un mese.