Cinema

Coronavirus, l’industria del cinema in “stato di crisi”: stop forzato di 850 sale. Chiesto a Franceschini intervento urgente

I dati nazionali impietosi del fine settimana appena passato del 21-23 febbraio 2020, quando ancora i cinema al Nord erano aperti ma saliva il numero di contagiati del Coronavirus è stato mostrato da Cinetel: meno 44% rispetto ad una settimana fa

di Davide Turrini

Per l’industria del cinema italiano va dichiarato lo “stato di crisi”. È l’Agis a lanciare l’allarme dopo la chiusura per una settimana di tutte le sale cinematografiche di cinque regioni del Nord Italia (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia) dovuta al possibile contagio da Coronavirus. Uno stop forzato di circa 850 sale, quindi oltre 1800 schermi, che significa quasi il 50% del totale nazionale in meno rispetto al solito.

Cinema chiusi vuole però anche dire cancellazione e rinvio, a data da destinarsi, di numerosi film in uscita il 27 febbraio e il 5 marzo prossimi, tra cui il nuovo titolo di Carlo VerdoneSi vive una volta sola – e il Volevo nascondermi di Giorgi Diritti con Elio Germano nella parte del pittore Ligabue. “Il blocco di ogni attività di spettacolo nelle regioni del Nord Italia sta generando infatti un impatto economico estremamente negativo, tanto per il crollo dei ricavi da bigliettazione quanto per la drastica riduzione delle paghe degli addetti del settore”, spiega in una nota ufficiale Agis, l’associazione che rappresenta gli imprenditori nei settori dell’esercizio cinematografico e delle attività, pubbliche e private, teatrali e degli spettacoli dal vivo.

Per questo la richiesta verso il ministro Franceschini è di quelle dei peggiori tempi di magra ovvero lo “stato di crisi” e “un intervento urgente a favore del settore, con lo stanziamento di adeguate risorse”. “Parliamo di un sostegno di de-contribuzione, lo slittamento di imposte e tasse e soprattutto di una campagna promozionale per il rilancio del settore per quando si concluderà, si spera, il periodo imposto di chiusura”, spiega al fattoquotidiano.it Claudio Reginelli, segretario regionale Agis dell’Emilia Romagna, regione in cui si sono verificati a metà del giorno 25 febbraio una ventina di contagiati. “La situazione per il nostro settore è grave. All’incirca l’ultima settimana di febbraio dell’anno scorso nelle nostre sale emiliano romagnole, circa il 10% degli incassi nazionali, i ricavi erano oltre il milione di euro. Le stime vere delle perdite però si faranno quando lo stop verrà revocato e si dovrà ricreare un clima di fiducia negli spettatori che non vorranno comunque entrare in sala per paura del contagio. Avevamo appena rialzato la testa con i dati confortanti delle presenze in sala grazie ai numeri di gennaio e subito ripiombiamo nella crisi”.

I dati nazionali impietosi del fine settimana appena passato del 21-23 febbraio 2020, quando ancora i cinema al Nord erano aperti ma saliva il numero di contagiati del Coronavirus è stato mostrato da Cinetel: meno 44% rispetto ad una settimana fa (ovvero 4 milioni e mezzo in meno e 2,5 milioni sul fine settimana analogo del 2019). E per capire la paura di entrare in un cinema non basta monitorare la provincia di Milano, di Venezia o di Piacenza. Domenica 23 febbraio fatta eccezione per Molise, Puglia e Basilicata, gli incassi sono scesi un po’ ovunque: -31% nel Lazio, -20% in Umbria, -12% in Liguria, -29% in Valle d’Aosta. “Questa chiusura è una iattura. Dicono una settimana, ma si vocifera 14 giorni. Mi sono già fregato il weekend passato quando non è entrato nessuno. Qui si stima la perdita di un mese di lavoro, durante il quale devo pagare i dipendenti”, spiega al fattoquotidiano.it, Antonio Sancassani, lo storico proprietario del Cinema Mexico a Milano. “Quando riaprirò, io che sono un esercente con una piccola sala farò una fatica immensa a riprogrammare i titoli e soprattutto a far rientrare le persone in sala che non si fidano più di stare due ore sedute a vedersi un film. Posso aggiungere un parere personale: quello che sta succedendo è una vergogna. È ridicolo che il ristorante che ho qui vicino sia aperto e il Mexico no. Si sta sopravvalutando un virus che è poco più di un’influenza”.

Anche sul fronte dei distributori la musica non cambia. Si diceva del rinvio dei film di Verdone e Diritti, ma il 27 febbraio non usciranno nemmeno i previsti: Lupin III, The grudge, Arctic e Dopo il matrimonio. Anche Cambio tutto di Guido Chiesa e Tornare di Cristina Comencini saltano rispettivamente il 5 e 12 marzo, data di uscita prevista, per un’altra data ancora da comunicare. La stessa Disney che doveva mostrare il suo nuovo titolo Onward il 5 marzo scala direttamente al 16 aprile sotto Pasqua. “All’appello manca mezzo paese. La chiusura dei cinema nel Nord Italia è sproporzionata. Capisco le scuole, ma nelle sale non c’è l’affollamento di bus e metropolitane”, spiega Andrea Occhipinti, fondatore e responsabile della casa di distribuzione LuckyRed, che ha rimandato l’uscita di Dopo il matrimonio e sta attendendo per capire se confermare o meno Les Miserables per il 12 marzo prossimo. “Navighiamo a vista. Stimiamo la perdita dei costi promozionali del film, ovviamente, come del resto i costi fissi, ma i problemi nati da questa situazione emergenziale sono due: la riduzione generale dell’offerta e soprattutto più si tiene chiuso più il pubblico faticherà a tornare in sala al 100% quando l’emergenza si spera sarà finita. Noi siamo anche esercenti di diverse sale tra Firenze e Roma. Solo ieri c’è stato un ulteriore calo di presenze di quasi il 50%. Le ripercussioni psicologiche dell’esposizione mediatica del virus sono tangibili. Ci chiediamo: quanto durerà la diffidenza del pubblico? L’esempio più scontato, quello della mamma con bambini quando tornerà volentieri in sala? Tra una settimana o tra due mesi? Capite che il discrimine dopo tutto questo allarmismo è qua. Il rischio di una mazzata è dietro l’angolo”.

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