La ressa sui mezzi pubblici non c’è più, i vagoni della metropolitana sono quasi deserti e sui tram si viaggia comodamente seduti. In compenso la coda esiste fuori dalle farmacie, perché non si sa mai, anche se ad oggi i contagi accertati in città non arrivano a cinque. L’aperitivo, rito laico che resiste alle mode del tempo, è stato inghiottito dall’ordinanza di chiusura dei locali a partire dalle 18, spingendo qualche ristorante a proporlo nei suoi spazi ampliando il business. La pausa pranzo si è rimpicciolita: chi non è stato invitato – o obbligato – dalla propria azienda allo smart working, se può compra e mangia in ufficio. E i riders, alcuni in giro con le mascherine, chiedono il permesso di poter firmare da se sul proprio palmare la ricevuta di consegna dell’ordinazione.

Milano si adatta alle misure restrittive per prevenire i contagi, perché il focolaio principale del Lodigiano dista meno di 70 chilometri. La città che si muove sempre e ha sempre da fare, ai tempi del coronavirus, vive sospesa in un silenzio irreale. Tra scuole e università chiuse, lavoro da casa, serrata di cinema e teatri, il traffico è scomparso. Non solo nelle ore serali e non solo sulle strade. Anche sui binari, a bordo dei tram, i passeggeri scarseggiano. Chi deve spostarsi e non ha mezzi privati viaggia comodamente seduto. Situazione assai simile nei vagoni delle quattro linee della metropolitana: zero file in banchina, nessuna necessità di restare in piedi appiccicati al vicino. Resistono i mercati rionali e gli uffici postali, mentre rallentano le vie dello shopping con vendite crollate nel week end del primo allarme e nei primi giorni di questa settimana.

Gli studenti non sono in giro, vista la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, nonché delle università. A Milano, nel complesso, parliamo di poco meno di un milione di persone, compresi i pendolari. Ed è una delle porzioni più vive della città. Quella che affolla pizzerie e ristoranti anche a mezzogiorno, i caffè nel pomeriggio e i locali dall’imbrunire in poi. Così i primi soffrono per le pause pranzo azzerate dagli uffici e dagli atenei chiusi, mentre gli studenti non hanno più quel rito di aggregazione post-lezione. I cocktail bar, sostanzialmente, non aprono mai. Le immagini che arrivano dalla zona dei Navigli raccontano bene la città nel suo periodo di contenimento dell’epidemia. Qualche ristoratore prova a ‘rubare’ il business, anticipando l’apertura e servendo spritz, patatine e olive prima della cena.

Ma un po’ il timore e un po’ la ragionevole cautela spingono poca gente fuori da casa nelle ore serali. Così anche i distretti della movida si trasformano. Da Moscova alle strade attorno a via Marghera, i tavoli nei ristoranti restano per lo più in ordine. Le circonvallazioni non pullulano di automobili e scooter in movimento verso la cena. Siamo all’inizio della settimana, certo. Il week end sarà il vero termometro della situazione. Le uniche attese di questi giorni, dopo le scene ingiustificamente apocalittiche di domenica nei supermercati con vendite schizzate del 50%, si registrano nelle farmacie. In zona Isola, una ha affisso il cartello all’ingresso: “Per la sicurezza di tutti e in coerenza con le disposizioni delle autorità l’accesso alla farmacia è concesso due persone alla volta”. La coda si fa all’esterno, lungo il marciapiede, nel tepore insolito e quasi primaverile di questo febbraio strambo in una Milano sospesa.

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