La Camera ha confermato la fiducia al governo sul decreto legge Intercettazioni, a soli due giorni dalla scadenza. I voti a favore sono stati 304, 226 i contrari, uno solo l’astenuto. Il primo voto di fiducia a Montecitorio per l’esecutivo Conte 2, a settembre scorso, aveva visto 343 sì e 263 no. L’Assemblea passerà giovedì 27 febbraio all’esame degli ordini del giorno sul testo, a partire dalle 11. Sempre giovedì, in serata, è prevista la votazione finale e definitiva sul provvedimento. Il calendario è stato deciso durante la riunione dei capigruppo grazie alla mediazione del presidente Roberto Fico: si è arrivati al compromesso di non concludere subito le votazioni per permettere di iniziare subito la discussione del decreto Coronavirus in commissione Affari sociali.
Le critiche maggiori arrivano da Forza Italia che parla di un provvedimento liberticida. Il leghista Flavio Muro, intervenendo in Aula, ha protestato per la decisione della maggioranza di tagliare il tempo di discussione in Aula per accelerare i lavori sul decreto Coronavirus: “Il testo potrà produrre conseguenze gravissime“, ha detto. “Si aprono le porte a un Grande Fratello Vip, che calpesterà la dignità degli individui, la riservatezza, tutelata dalla Costituzione, con processi mediatici indegni di un Paese civile”. Per il deputato Pd Alessandro Zan la “Lega punta solamente a fare ostruzionismo avendo presentato oltre 200 ordini del giorno invece di fare una opposizione responsabile favorendo la chiusura rapida di questo provvedimento e approvare in fretta la conversione del decreto in legge per le misure di contrasto al Coronavirus. Questo è il modus operandi a cui ci ha abituato da tempo la Lega il cui leader non risponde al presidente del Consiglio dei Ministri in un momento drammatico per il Paese”.
A far discutere sono soprattutto le norme sull’uso del trojan, il captatore informatico che viene inserito nei cellulari e negli altri dispostivi mobili. Tra le modifiche introdotte al testo varato dal Consiglio dei ministri a dicembre, il rinvio di altri due mesi dell’entrata in vigore della riforma, che diventerà efficace dal primo maggio. L’obiettivo è dare il tempo alle procure di dotarsi dei nuovi strumenti previsti, come l’archivio digitale delle intercettazioni. Il decreto ha modificato la riforma Orlando del 2017, anche escludendo che il giornalista che pubblica le intercettazioni possa essere incriminato. Ecco le principali novità.
PM SELEZIONERA’ INTERCETTAZIONI: non sarà più la polizia giudiziaria come prevedeva la riforma Orlando a valutare quali colloqui sono rilevanti per le indagini o meno, ma la scelta sarà fatta dal pm. Al pm toccherà anche vigilare perchè nei verbali non siano riportate espressioni che ledono la reputazione di singole persone o dati personali (“salvo che si tratti di intercettazioni rilevanti ai fini delle indagini”). Come era prima della riforma del 2017, verbali e registrazioni saranno immediatamente trasmessi al pm, che li depositerà entro 5 giorni. I difensori potranno esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni.
USO DEL TROJAN: sarà possibile utilizzare il trojan non solo per i reati contro la pubblica amministrazione commessi dai pubblici ufficiali, ma anche dagli incaricati di pubblico servizio e puniti con la reclusione sopra i 5 anni. E l’intercettazione potrà avvenire anche nei luoghi di privata dimora (come già previsto con la Spazzacorrotti per i pubblici ufficiali), “previa indicazione delle ragioni che ne giustificano l’utilizzo”.
UTILIZZAZIONE IN ALTRI PROCEDIMENTI: i risultati delle intercettazioni possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli in cui sono stati disposti solo se sono “indispensabili” e “rilevanti” per l’accertamento dei reati per i quali è previsto l’arresto in flagranza e di quelli di particolare gravità indicati tassativamente dall’articolo 266 del codice di procedura penale. Il requisito della ‘indispensabilità’ è chiesto anche per le intercettazioni fatte con il trojan. Si tratta comunque di una previsione più ampia delle sentenza delle Sezioni unite della Cassazione che ha ammesso l’uso degli esiti dei colloqui intercettati con il captatore informatico solo se si tratta di un reato connesso a quello per cui si sta procedendo.