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Inghilterra, aspettativa di vita “in stallo per disuguaglianze e austerità”. E nelle aree più povere è in calo per le donne

Il rapporto ha sottolineato che i peggioramenti più intensi delle condizioni di salute si sono concentrati nel 10% delle zone più povere, mentre i miglioramenti maggiori si sono registrati a Londra, la parte più ricca del Paese

Negli ultimi dieci anni l’aspettativa di vita in Inghilterra ha smesso di crescere: è la prima volta che accade dal 1900. Nelle aree più povere del Paese, soprattutto fra le donne, la speranza di vita è addirittura scesa. Un caso unico nell’intera storia moderna del Paese, in controtendenza rispetto all’andamento complessivo del mondo occidentale. Lo rivela il “Rapporto Marmot” sull’uguaglianza sanitaria, che prende il nome da sir Michael Marmot, l’accademico che ha diretto la ricerca. Il professore ha denunciato: “L’Inghilterra ha perso un decennio, sono dati scioccanti”.

Il declino dell’aspettative di vita riguarda in particolare le donne del 10% più povero delle regioni inglesi, dove si registra un incremento delle malattie e un peggioramento della qualità di vita, mentre non risulta aver nulla a che fare con la Brexit. Il fenomeno è collegato in buona parte alle crescenti disuguaglianze e alle politiche di austerità degli ultimi anni, che hanno provocato consistenti tagli al sistema sanitario. Tagli che hanno colpito maggiormente le aree povere. Matt Hancock, ministro della Sanità del governo conservatore di Boris Johnson, ha ricordato che il nuovo esecutivo si è impegnato a metter fine all’austerità, ma ha ammesso che “c’è ancora molto da fare” per invertire la tendenza.

Il rapporto afferma che “se la sanità ha smesso di migliorare, è un segno che la società ha smesso di migliorare. Quando una società fiorisce la salute tende a fiorire”. Il documento continua ricordando che l’aspettativa di vita è collegata al “gradiente sociale“: negli ultimi dieci anni le disuguaglianze sociali sono aumentate e con esse anche le disuguaglianze nella speranza di vita. Il tasso di mortalità non si è ridotto, anzi è aumentato fra le persone fra i 45 e 49 anni.

Le differenze nelle condizioni di vita e di salute sono aumentate sia fra le regioni sia al loro interno. Le diminuzioni più intense si sono concentrate nel 10% delle zone più povere, nel nord-est, mentre i miglioramenti maggiori si sono registrati a Londra, la parte più ricca dell’Inghilterra: si è così allargata la forbice delle disuguaglianze. Un altro dato allarmante è che negli ultimi dieci anni la parte della vita trascorsa in cattive condizioni di salute è aumentata dal 20% al 20,3% per gli uomini e dal 22,6% al 23,3% per le donne.

In conclusione sir Marmot e i suoi collaboratori delineano sei obiettivi di politica economica e sanitaria per il governo. Il primo è sviluppare una strategia nazionale con l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze sanitarie. Bisogna poi assicurare un’allocazione universale e proporzionata delle risorse e un’adeguata implementazione delle politiche, oltre a un intervento anticipato per impedire le disuguaglianze. Un’altra priorità deve essere sviluppare i “determinanti sociali” del personale sanitario. Gli autori del rapporto chiedono al governo di coinvolgere l’opinione pubblica, di sviluppare sistemi di monitoraggio e di rafforzare il meccanismo di responsabilità per le disparità sanitarie. Lo scopo “dovrebbe essere portare il livello della salute delle aree povere nel nord al livello di buona salute di cui godono gli abitanti di Londra e del sud”. Ora che l’austerità sembra essere scomparsa dai programmi delle maggiori forze politiche, questi obiettivi sono, almeno sulla carta, più realizzabili.