Tommaso Cerno ci ha ripensato ancora una volta. Il senatore ha confermato l’addio al Pd ma, contrariamente a quanto annunciato nei giorni scorsi, non ha aderito a Italia viva, il mini partito di Matteo Renzi. “Stimo Matteo e il mio dialogo è aperto con tutti. Ma il mio percorso non ha in questa fase bisogno di capi né di dottrine”. L’ex condirettore di Repubblica e direttore de L’Espresso non si è iscritto al gruppo Psi-Italia viva di Palazzo Madama ma al Misto. “Da lì – dice – lanceremo una grande forza progressista ed ecologista, seria. Per sfidare il Pd“. Dove? “Al congresso”, risponde Cerno. “Una forza ecologista che sfida il Pd e il governo del ‘sempre gli stessi’ si farà sentire al congresso. Se è vero che Zingaretti aprirà le porte alla società civile”.

L’ex condirettore di Repubblica, continua, ad attaccare i dem: “Per ora quando si parla con il Pd di libertà di espressione emerge sempre la loro indole penale… Ho sempre detto che uscivo dal gruppo del Pd. Ho il massimo rispetto per il presidente Marcucci. La mia critica è al segretario”. Ma quindi perché non è andato con Renzi? “Il dialogo resta sempre aperto con tutto. Stimo Matteo. Ma il mio percorso non ha in questo momento bisogno di capi né di dottrine. La sesta stella non ha senso in una forza centrista … io credo davvero alla piazza che diventa seggio… più di di Maio e Grillo. Come anche Renzi pensava nel 2014″. La ‘sesta stella’ era un concetto espresso da Cerno anche durante l’intervento al Senato, nell’agosto scorso, quando votò in dissenso dal Pd sulla Tav e firmò la mozione di M5S. “Ho firmato la mozione di un altro Gruppo, del MoVimento 5 stelle, e ringrazio il capogruppo Stefano Patuanelli per aver accolto la mia firma, una specie di sesta stella in questo Parlamento che sta cambiando davanti ai nostri occhi in queste ore”.

Qualche giorno fa Cerno aveva annunciato l’intenzione di lasciare il Pd e “prescritta” la sua appartenenza, parlando di un progetto che non “corrisponde alla mia visione del Paese di domani”. Il suo poteva essere un passaggio particolarmente importante visti i numeri della maggioranza al Senato e le frizioni tra i renziani e i restanti partiti che sostengono il Conte 2. Non è chiaro però se Cerno intenda sostenere l’esecutivo. Quando Renzi ha creato Italia viva, il senatore aveva smentito il suo addio al Pd: “Adesso che i democratici sono venuti verso chi come me pensava da tempo che il futuro della sinistra fosse generare un big bang fra progressisti e Movimento 5 stelle per creare un fronte democratico che impedisse alle destre di riportare il paese indietro di 70 anni, sarebbe alquanto strano togliermi di mezzo per cercare un centro che per me esiste solo nel culto della libertà e della modernità”, rispose. Esattamente cinque mesi dopo quel passaggio sembrava essersi concretizzato e Cerno lo motivava così: “Trovo che il progetto politico delle correnti Pd – Zingaretti, Franceschini, Bettini – di progettare un’Italia proporzionale dove i governi e i processi durano in eterno non corrisponde alla mia visione del paese di domani”. E si rivolgeva a Renzi: “Credo sia ancora possibile ambire a una legislatura riformista che preveda l’elezione diretta e ridia ai cittadini la scelta autentica riguardo a chi guiderà il Paese. Invito Renzi a chiarire la posizione su questo punto”. Ora la nuova marcia indietro.

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