Un nuovo ricorso, una nuova udienza e poi una nuova sentenza. Nello stesso giorno in cui la Corte costituzionale ha depositato le motivazioni sulla decisione del 12 febbraio scorso, quando ha dichiarato illegittima l’applicazione retroattiva di una parte della Spazzacorrotti, la legge è tornata all’esame dei giudici della Consulta. Stavolta il vaglio riguarda la norma in sè, quella che ha incluso alcuni dei reati contro la pubblica amministrazione tra i delitti gravissimi (come quelli di mafia e terrorismo) che non consentono per legge l’assegnazione al lavoro esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione in assenza di collaborazione del condannato.

A portare la questione davanti alla Consulta sono state la Corte di appello di Caltanissetta e la Cassazione, in riferimento al reato di peculato, e la Corte di appello di Palermo, per l’induzione indebita. Oggi in udienza pubblica è stata trattata solo la questione posta dalla Corte nissena, mentre nel pomeriggio in camera di consiglio saranno trattate le altre due, che si basano tutte su argomentazioni analoghe. Relatore è sempre il giudice Francesco Viganò, che ha steso le motivazioni della sentenza sulla irretroattività.

L’avvocato dello Stato Maurizio Greco, ha chiesto alla Corte di dichiarare inammissibile la questione per manifesta irrilevanza, visto che la vicenda al centro del procedimento di Caltanissetta è anteriore all’entrata in vigore della Spazzacorrotti e l’ordinanza di carcerazione per il condannato è stata intanto sospesa, sicchè la Corte dovrebbe pronunciarsi su una questione “ininfluente” nel caso concreto. Ma si è comunque speso per la legge voluta fortemente dal ministro Alfonso Bonafede, e in particolare per la stretta sui benefici penitenziari, che “è adeguata e proporzionata” e ha permesso all’Italia, ha detto, di risalire nelle classifiche internazionali sulla lotta alla corruzione. La legge, ha aggiunto, “è assolutamente congrua nel merito” ed “occorre guardare anche al fine protetto dalla norma, ovvero perseguire i reati di corruzione in quanto pericolo percepito dai cittadini e anche dalla comunità internazionale”, che ha permesso dalla sua introduzione di far scalare all’Italia le classifiche sul grado di corruzione nella pubblica amministrazione. Quanto alla sua previsione indiretta di retroattività della pena, con riguardo in particolare ai cosiddetti reati ostativi che pregiudicano la concessione dei benefici penitenziari, per cui non è stato previsto un regime transitorio, Greco si limita a fare riferimento “dal punto di vista sostanziale se non formale” all’incidenza della sentenza della Corte Costituzionale.

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