Le prime discrepanze erano emerse nel pomeriggio di mercoledì. La Regione Veneto segnalava 17 nuovi casi, non menzionati dal capo della Protezione Civile Angelo Borelli oltre un’ora più tardi in conferenza stampa. Nel day after del giorno che ha scatenato il panico per le reazioni dei Paesi esteri nei confronti dell’Italia, con il rischio di trascinare a fondo anche l’economia già sofferente, i dati sul contagio diventano un caso e provocano frizioni tra Roma e le regioni in cui si segnalano positività al coronavirus. Con la possibilità che si passi alla comunicazione dei soli “casi clinici rilevanti”, ovvero contagiati in rianimazione e morti.
È Walter Ricciardi, nominato dal ministero della Salute come consigliere per il coordinamento con le istituzioni sanitarie internazionali e componente italiano del comitato esecutivo dell’Oms, ad aprire il fronte: “I casi confermati sono 190”. Ma in quel momento, i conteggi che arrivano dalla Protezione Civile, parlano di più del doppio delle positività. Un cortocircuito, dovuto al fatto che i casi registrati dai sanitari intervenuti sul territorio devono poi essere validati dall’Istituto Superiore di Sanità.
In alcuni – come i due “falsi positivi” di Cumiana, in Piemonte – la conferma dell’Iss non è arrivata. Così, ritorna sul tema Ricciardi prima in un’intervista al Corriere della Sera e poi pubblicamente anche in tv, “dall’altro ieri abbiamo deciso che la definizione di caso deve essere fatta dall’Iss perché questo test può dare falsi positivi e falsi negativi, per cui è importante che quelli che emergono dalle regioni vengano ancora considerati come casi sospetti”.
Quindi la richiesta, che suona quasi come un avvertimento: “È importante che le Regioni non facciamo comunicazione perché, per l’impegno di trasparenza che noi abbiamo con le istituzioni internazionali, se loro dicono che quello è un caso, anche se sospetto e non confermato, noi poi lo dobbiamo comunicare a livello internazionale – ha aggiunto – Quindi se noi ci fossimo attenuati a questo procedimento adesso noi ufficialmente di casi ne avremmo 190″.
Ma le Regioni non ci stanno, almeno il Veneto. Il governatore Luca Zaia risponde: “Non c’stata alcuna sovrastima. Sono stati tutti validati dall’Iss”. E ancora: “Non ci risulta che ci sia in Veneto un caso positivo che l’Istituto Superiore di Sanità non abbia detto sia positivo”. Tocca così al capo della Protezione Civile, sotto il quale l’Istituto Superiore di Sanità ricade in questa fase di emergenza, tornare sull’argomento: “La nostra informazione è trasparente, ma per l’Oms il dato dev’essere validato dal nostro Iss, che sta procedendo alle verifiche e confermerà i dati che stiamo dando. Il nostro canone è massima trasparenza”.
Nel frattempo, lo comunica lo stesso Borrelli a mezzogiorno di giovedì, il “bollino” dell’Istituto superiore di Sanità è stato apposto su 282 tamponi positivi, novantadue in più di quanti ne aveva comunicati Ricciardi appena mezz’ora prima. Con i tamponi, stempera i toni il capo della Protezione Civile, “siamo andati seguendo un criterio di massima precauzione”, ma “nulla di sbagliato è stato fatto”. I controlli sono stati fatti “a tappeto in alcune aree per delimitare l’area del focolaio”, spiega. “Il ministero ha chiarito l’uso dei tamponi e ci ora adeguiamo alle norme dell’Oms – prosegue – Non si tratta di una correzione, ma una volta individuate le aree rosse si torna a una situazione di normalità per l’uso dei tamponi. Tutto qua, nulla di sbagliato è stato fatto”.
Mentre il direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani, Giuseppe Ippolito, annuncia alla stampa estera: “In Italia si sta lavorando affinché vengano comunicati solo i casi di nuovo coronavirus clinicamente rilevanti, ovvero i casi clinici di pazienti in rianimazione o morti, come avviene negli altri Paesi del mondo”. I positivi ai tamponi, conclude, “fatti per qualsiasi altro motivo andranno in una lista separata estremamente importante per la definizione della situazione epidemiologica”.