Che ci possano essere condizioni ideali per ospitare la vita ne sono convinti i ricercatori del gruppo dell’Università di Cambridge che ha pubblicato l’ultimo identikit del pianeta sulla rivista The Astrophysical Journal Letters
Che ci fosse acqua su questo pianeta lontano 124 anni dal Sole gli scienziati lo sapevano da qualche mese. Ma per sapere se K2-18b è davvero un mondo ospitale per la vita, occorreranno però nuovi dati, come quelli del futuro telescopio spaziale James Webb, il successore di Hubble, frutto di una collaborazione tra Nasa, Agenzia Spaziale Europea (Esa) e canadese (Csa), il cui lancio è in programma nel 2021. O della missione Ariel dell’Esa, che dal 2028 studierà le atmosfere di pianeti esterni al Sistema Solare. Per i ricercatori “sarebbe” lui “il candidato principale per la prima caratterizzazione atmosferica dettagliata di un esopianeta”.
Alcuni studiosi considerano K2-18b una super-Terra, per altri è un Nettuno in miniatura ed è per questo che sta attirando l’attenzione dei planetologi. E che ci possano essere condizioni ideali per ospitare la vita sono convinti i ricercatori del gruppo dell’Università di Cambridge, coordinati da Nikku Madhusudhan, che ha pubblicato l’ultimo identikit del pianeta sulla rivista The Astrophysical Journal Letters.
Scoperto nel 2015 dal telescopio spaziale Kepler della Nasa, il pianeta orbita intorno a una nana rossa, una stella piccola e fredda, la tipologia più diffusa nell’universo. Il suo raggio è circa due volte e mezza la Terra e la sua massa quasi 9 volte quella del nostro pianeta. K2-18b aveva già fatto parlare di sé nel 2019, dopo la scoperta di vapore acqueo nella sua atmosfera, ricca d’idrogeno. Il pianeta orbita si trova nella cosiddetta zona abitabile, cioè alla giusta distanza dalla propria stella da avere la temperatura adatta alla presenza di acqua liquida in superficie. Un’ipotesi, quest’ultima, di cui è convinto il gruppo di Madhusudha che, dopo avere analizzato i dati su K2-18b e grazie a modelli al computer, sostiene nello studio che “l’idrogeno dell’atmosfera del pianeta, pari al 6% della sua massa, non è così spesso da impedire la presenza di acqua liquida in superficie”. Per la responsabile italiana di Ariel, Giusi Micela, dell’Osservatorio astronomico di Palermo dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), “questo studio conferma la presenza di vapore acqueo nell’atmosfera di K2-18b, e non esclude la possibilità che ci sia acqua liquida anche in superficie. Ma i dati non sono ancora sufficienti per averne una conferma. Questi studi – rileva – sono importanti, perché pianeti come K2-18b non sono presenti nel Sistema Solare. E quindi – conclude l’astrofisica – possono aprire la strada alla ricerca di mondi abitabili al di fuori del nostro sistema planetario”