Tre arresti e sequestri per 110 milioni di euro per una maxifrode di Iva e riciclaggio su scala internazionale. Al termine di un’indagine, coordinata dalla Procura di Perugia e condotta dal comando provinciale della Guardia di Finanza di Perugia, in collaborazione con l’ufficio delle Dogane, le fiamme gialle hanno eseguito, con i colleghi della Compagnia di Legnano, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di tre persone, di cui due residenti nella provincia di Milano e un romano da pochi giorni detenuto presso la casa circondariale di Pavia.
I tre sono ritenuti i principali artefici di una ‘frode carosello’ su scala internazionale nel settore dei carburanti, che ha consentito di sottrarre al fisco quasi 100 milioni di euro di Iva e di riciclare circa 10 milioni di euro di proventi illeciti. Da qui il sequestro preventivo disposto dal giudice per le indagini preliminari di Perugia di beni (terreni, fabbricati, appartamenti, autoveicoli, imbarcazioni, quote societarie, titoli e disponibilità finanziarie, e carburante) fino a un valore complessivo di 110 milioni di euro.
L’operazione, denominata “Grifo Fuel”, è l’epilogo di oltre due anni di indagini nei confronti di 50 persone e 33 società. Tutto ha avuto inizio con un primo filone investigativo scaturito da un controllo fiscale avviato nei confronti di un’azienda umbra attiva nella compravendita di carburante, da cui sono emersi rapporti commerciali “anomali” con numerose società sparse su tutto il territorio nazionale. La ricostruzione dei vari assetti societari ha permesso di risalire a tre soggetti, di cui 2 umbri, componenti di un’associazione a delinquere dedita alla commissione di reati tributari con un giro di fatture false per oltre 100 milioni di euro, che ha portato, a luglio dello scorso anno, ad un primo sequestro per equivalente di circa 5 milioni di euro.
Questi, avvalendosi di società di “brokeraggio” appositamente create, hanno utilizzato compiacenti “prestanome” per strutturare e gestire varie catene societarie, costituite principalmente da società ”cartiere”, anche note come “missing trader” e con sede in Campania, Lazio, Lombardia e Molise, su cui far ricadere l’Iva mai versata nelle casse dell’Erario. Gli accertamenti partiti dal primo filone investigativo hanno permesso di svelare un sistema di frode, con un vorticoso giro di fatture false di circa 700 milioni di euro, relative alla commercializzazione in Italia di prodotti petroliferi di origine comunitaria. In particolare, l’attenzione si è concentrata prima sull’individuazione dei reali gestori dell’illecita filiera, attraverso la ricostruzione della catena di approvvigionamento del prodotto lungo l’asse estero/Italia, e successivamente a svelare i meccanismi di riciclaggio dei capitali frutto della frode, grazie all’espletamento di mirate indagini finanziarie.