La Camera ha approvato in via definitiva il decreto sulle intercettazioni che è ora legge. I voti a favore sono stati 246, 169 invece i “no”. A 48 ore dalla scadenza, è diventato legge il decreto sulle intercettazioni. Sul provvedimento martedì scorso il governo aveva chiesto e incassato la fiducia (304 voti a favore, 226 contrari e un astenuto). In un primo momento l’opposizione aveva annunciato ostruzionismo. Poi è arrivata la tregua raggiunta in cambio dell’approvazione rapida del decreto sul coronavirus, grazie al compromesso sui tempi suggerito dal presidente della Camera Roberto Fico. Presente in Aula al momento dell’approvazione anche Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia: “La legge appena approvata potenzia le intercettazioni come strumento di indagine ma nel contempo garantisce una difesa solida della privacy. È stato trovato un buon punto d’equilibrio per cui ringrazio tutte le forze di maggioranza”.

Protesta ancora Forza Italia che parla di un provvedimento liberticida. Nel mirino, soprattutto le norme sull’uso del trojan, il captatore informatico che viene inserito nei cellulari e negli altri dispositivi mobili. Attimi di tensione si sono registrati anche all’interno della maggioranza. Secondo alcune ricostruzioni infatti, le parole della deputata M5s Elisa Scutellà, hanno provocato i malumori di Pd e Italia viva. Intervenendo in dichiarazione di voto, la deputata ha infatti letto uno stralcio delle intercettazioni di Salvatore Buzzi tratte dall’inchiesta “Mafia Capitale”. Un intervento che avrebbe fortemente irritato i partner della maggioranza. “E’ un intervento da buttare… Vai a citare proprio le intercettazioni di una persona che i nostri avversari identificano come un ‘nostro’ uomo? Non si fa così…”, ha dichiarato il deputato dem Franco Vazio. Nemmeno tra i 5 stelle, le parole della deputata sono state accolte positivamente e c’è chi si è lamentato contro la scelta comunicativa di pungere un alleato di governo cavalcando una vecchia battaglia.

Ma non è stato l’unico intervento che ha provocato malumori. Poco prima del voto finale sul decreto, i commessi si sono dovuti precipitare al centro dell’emiciclo per evitare scontri che sembravano scoppiare. A innescare la miccia è stato Vittorio Sgarbi, che è intervenuto per ultimo, per una dichiarazione di voto a titolo personale, durante il quale ha attaccato sul piano personale la deputata Giuseppina Occhionero, cosa che ha suscitato le proteste dei gruppi di maggioranza. Occhionero è indagata con l’accusa di falso nell’ambito dell’inchiesta sul suo ex collaboratore Antonello Nicosia, arrestato a novembre. Dopo l’intervento del deputato è iniziato un botta e risposta con Sgarbi che replicava a microfono spento ai deputati. A questo punto alcuni parlamentari si sono avvicinati a Sgarbi, il che ha spinto l’ufficio di presidenza a far intervenire i commessi che sono intervenuti prontamente, evitando possibili scontri.

Nel merito del provvedimento si può dire che il decreto ha modificato la riforma Orlando del 2017, anche escludendo che il giornalista che pubblica le intercettazioni, possa essere incriminato. Tra le modifiche introdotte al testo varato dal Consiglio dei ministri a dicembre, c’è il rinvio di altri due mesi dell’entrata in vigore della riforma. Sarà operativa quindi dal primo maggio. L’obiettivo è dare tempo alle procure per avere attrezzarsi con i nuovi strumenti previsti, come l’archivio digitale delle intercettazioni. Ecco le principali novità.

PM SELEZIONERA’ INTERCETTAZIONI: ora sarà il magistrato, e non più la polizia giudiziaria, a valutare quali colloqui sono rilevanti per le indagini o meno. Toccherà a lui anche vigilare ché nei verbali non siano riportate espressioni che ledono la reputazione di singole persone o dati personali (“salvo che si tratti di intercettazioni rilevanti ai fini delle indagini”). Com’era prima della riforma del 2017, verbali e registrazioni saranno trasmessi immediatamente al pm, che li depositerà entro 5 giorni. I difensori potranno esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni.

USO DEL TROJAN: sarà possibile usare il trojan non solo per i reati contro la pubblica amministrazione commessi dai pubblici ufficiali, ma anche dagli incaricati di pubblico servizio e puniti con la reclusione oltre 5 anni. E le intercettazioni potranno avvenire anche nei luoghi di dimora privata (come previsto già dalla Spazzacorrotti per i pubblici ufficiali), “previa indicazione delle ragioni che ne giustificano l’utilizzo”.

USO IN ALTRI PROCEDIMENTI: i risultati delle intercettazioni possono essere usati in procedimenti diversi da quelli in cui sono stati disposti, solo se sono “indispensabili” e “rilevanti” per l’accertamento dei reati per i quali è previsto l’arresto in flagranza e di quelli di particolare gravità indicati tassativamente dall’articolo 266 del codice di procedura penale. Il requisito dell’indispensabilità è necessario anche per le intercettazioni fatte con il trojan. Si tratta comunque di una previsione più ampia della sentenza delle sezioni unite della Cassazione che ha ammesso l’uso degli esiti dei colloqui intercettati con il captatore informatico, solo se si tratta di un reato connesso a quello per cui si sta procedendo.

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