All’inizio Tommaso era spaventato dalle mascherine che vedeva in tv, ma alla fine si è abituato. Solo che non riesce a capire se siano utili o no, visto che la mamma non la indossa quando esce. Proprio lei che è tanto preoccupata. Per Anita il coronavirus è diventato il male assoluto, a cui collegare lutti passati e pericoli futuri. Perché il coronavirus può uccidere. “Ma solo le persone anziane, che sono già debilitate” si sente ripetere da giorni Giorgia. Nicolò abbandona così ogni timore, persino quando a Rossella torna l’influenza con tanto di febbre a 40. Al papà, rientrato a casa dal lavoro chiedendo “come stanno i miei bambini?”, una sera fornisce il freddo bollettino: “Io sto bene, ma Rossella ha il coronavirus”. Tutti a ridere, di questi tempi fa bene. E poi c’è Lorenzo che, nonostante abbia da sempre amici che arrivano dai luoghi più disparati del mondo e sia stato educato nel rispetto delle differenze, pronuncia una frase che a tavola lascia tutti senza parole: “Tanto in classe mia non ci sono bambini cinesi”. Un pugno nello stomaco per mamma e papà. Così non va bene. L’avrà sentito a scuola? Ne avranno parlato tra di loro? Certo, perché i bambini non restano in attesa che gli adulti spieghino loro come va il mondo e spesso un’idea se la fanno da soli. Magari sbagliata o, quantomeno, confusa. E allora bisogna provare a riavvolgere il nastro delle ultime settimane. Abbiamo cercato di farlo insieme a Vania Giacomet, professore associato dell’Università degli Studi di Milano e responsabile dell’unità di Infettivologia Pediatrica al Sacco e Maria Antonella Costantino, presidente della Società Italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e adolescenza e direttrice dell’Unità operativa dedicata del Policlinico di Milano. “Ai bambini dobbiamo parlare in modo schietto, cercando di bilanciare la necessità di spiegare cosa sta accadendo e fornire loro le regole essenziali di prevenzione, con quella di infondere fiducia” spiega a ilfattoquotidiano.it Vania Giacomet.
IL CORONAVIRUS SPIEGATO AI BAMBINI – Meglio partire dalle basi, facendo un confronto con qualcosa che loro già conoscono, come l’influenza. “Si può spiegare che questo è un virus simile all’influenza e che ha gli stessi sintomi, febbre, tosse, raffreddore, mal di gola – aggiunge – e che, così come l’influenza, si può trasmettere stando a contatto con le persone, parlandoci vicino, in luoghi molto affollati e attraverso la saliva”. Solo che per l’influenza non si chiudono le scuole, come è accaduto in alcune Regioni o singoli Comuni. Questa è una delle ‘novità’ che ha più colpito i bambini, perché coinvolge direttamente il loro mondo, la loro quotidianità. “Bisogna spiegare che – sottolinea l’infettivologa – mentre per combattere l’influenza abbiamo strumenti molto efficaci, questo è un virus nuovo, per il quale non ci sono ancora né vaccino, né medicine”.
LE REGOLE PER I BAMBINI – Ecco perché è importante fornire loro le regole essenziali di prevenzione. Avere sempre un fazzolettino usa e getta pronto per gli starnuti, mai mettere oggetti in bocca, mai prenderli da altri bambini (un esempio classico è la penna), masticarli e poi passarli agli amici, lavarsi spesso le mani. Cercare di evitare di rimanere in luoghi chiusi con molte persone. “E dire loro – spiega l’infettivologa pediatrica – che tutte queste attenzioni sono mirate a evitare la trasmissione di microbi”.
BILANCIARE REGOLE E FIDUCIA – Ma come bilanciare la necessità di far capire ai bambini che si tratta di regole importanti, con quella – altrettanto prioritaria – di non trasmettere ansia? “Da un lato bisogna rimarcare la necessità di rispettare determinate norme igieniche con ancora più attenzione del solito è dovuta proprio al fatto che di questo virus conosciamo ancora poco (questi sintomi, tra l’altro, sono comuni a tante infezioni) – spiega Vania Giacomet – dall’altro rassicurarli sul fatto che gli scienziati di tutto il mondo ci stanno lavorando e che siamo molto fortunati, perché in Italia c’è un’ottima sanità e medici che ci possono aiutare. Quindi, dopo questo primo periodo, sicuramente arriveranno i vaccini e le medicine anche per il Coronavirus e, se saremo bravi a rispettare le regole, si tornerà alla normalità”. Al di là di ciò che si dice, però, molto contano anche i comportamenti dei genitori e le emozioni che si trasmettono ai bambini, magari senza neppure rendersene conto. “Gli adulti devono imparare a gestire l’ansia – spiega a ilfattoquotidiano.it la neuropsichiatra Maria Antonella Costantino – perché possiamo dire qualsiasi cosa, ma se i nostri figli ci vedono entrare nel panico, capiscono che stiamo nascondendo qualcosa. Spiegazioni semplici, dunque, realistiche e adatte all’età, ma non onnipotenti si direbbe in gergo”. Va detto loro che il mondo non è sotto il nostro controllo. “Anche perché è difficile che credano al contrario e, qualora ci credessero – spiega l’esperta – non avremmo fatto loro un piacere. Il rischio è che la scoperta che non possiamo controllare tutto, scateni forti reazioni di panico”. Il messaggio da trasmettere è chiaro: “Possiamo solo fare del nostro meglio e avere fiducia nei medici e nelle persone che stanno lavorando”.
LA PAURA DEL CONTAGIO CINESE – In questi giorni i bambini hanno sentito parlare di “un virus che arriva dalla Cina”. Il rischio è che si convincano di poter essere contagiati dai bambini cinesi, loro compagni di scuola, vicini di casa, con cui (soprattutto in alcune realtà del nostro Paese), hanno studiato, giocato e condiviso passioni sportive fino al giorno prima. Per evitare che discriminazioni basate su informazioni sbagliate si insinuino nei processi di integrazione, soprattutto tra le nuove generazioni, è bene non lasciare i proprio figli nel dubbio. “È vero che questo virus è comparso per la prima volta in Cina, ma bisogna spiegare – dice Vania Giacomet – che ora è presente in più continenti, Europa compresa. E non è solo in Italia. Va sottolineato che al virus non interessa l’etnia, il colore della pelle, il Paese di origine o la religione di una persona. Anzi, dal punto di vista fisico, quelle più a rischio sono gli anziani e, tra questi, quelli più debilitati. I bambini sono meno esposti e, anche in caso di contagio, gli effetti sono molto più lievi.
LA MASCHERINA – E le mascherine? Molti adulti non sanno ancora come comportarsi a riguardo e, di conseguenza, anche i più piccoli sono confusi. “Dovrebbe utilizzarla solo chi è contagiato, mentre non ha senso che la indossino le persone sane – spiega l’infettivologa – a meno che non si debba, per un ragione o per l’altra, essere a contatto con molte persone o con pazienti affetti dal coronavirus. Noi medici la utilizziamo e lo fanno anche le persone che lavorano nell’ambito del sistema sanitario e gli esercenti ma, in generale, dovrebbe farlo chi si trova in luoghi dove è più facile venire a contatto con persone infette. In questi casi, però, andrebbero usate quelle con il marchio Ffp2 o Ffp3. Sarebbe meglio se la indossassero anche le persone che hanno sintomi influenzali, pur non avendo contratto il Coronavirus”.
LE IMMAGINI E IL RICORDO – La mascherina è una delle immagini simbolo dell’epidemia, ma non è l’unica: lo sono quelle della città di Wuhan deserta, ma anche di alcuni comuni italiani, gli scaffali dei supermercati vuoti e le tute bianche degli addetti alle disinfestazioni. “Le immagini che si vedono in tv – spiega Maria Antonella Costantino – viaggiano troppo velocemente e rischiano di generare angoscia. Non solo sono più inquietanti della realtà, soprattutto quella che riguarda direttamente il nostro Paese, ma i bambini non fanno in tempo a metabolizzare quel tipo di informazioni. Ecco perché sarebbe preferibile che non seguissero, soprattutto da soli, quei programmi nei quali si parla del Coronavirus, né vedessero filmati e servizi giornalistici magari legati all’emergenza cinese”. Cosa resterà ai più piccoli di tutto questo? “Ai bambini rimane sempre qualcosa dalle esperienze – aggiunge la neuropsichiatra infantile – per cui se siamo capaci di fargli vivere questa con serenità, ai nostri figli resterà una traccia positiva che darà strategie per il futuro. Se sottovalutiamo troppo o trasmettiamo loro l’ansia daremo loro, nel primo caso, la falsa illusione che il pericolo non esiste oppure, nel secondo, l’idea altrettanto sbagliata che non possano respirare, né toccare le maniglie delle porte senza rischiare chissà cosa”.