Scienza

Fra gioco e applicazione /3: il calcolo delle probabilità fa fare soldi a palate. Vedi Google

Forse in tutte le epoche qualche furbacchione ha cercato di usare la matematica per vincere nel gioco d’azzardo. Ma poi i matematici si sono appassionati più alla possibilità di costruire una teoria che a quella di sbancare i casinò. Ne è nato il calcolo delle probabilità. Una cosa sorprendente è che senza questa teoria sarebbe del tutto impossibile la meccanica quantistica; la fisica si sarebbe impantanata. Inoltre qualcuno con la probabilità ci fa i soldi a palate: Google.

Nel 1654 Antoine Gombaud, cavaliere di Méré, scrittore e giocatore d’azzardo, ha un problema: è più probabile che esca almeno un sei in 4 lanci di un dado o che esca almeno un doppio sei in 24 lanci di due dadi? La sua congettura (che la probabilità sia uguale) cozza con l’esperienza. Perciò chiede un parere all’amico Blaise Pascal.

Non è la prima volta che un matematico s’interessa a giochi d’azzardo: L. Pacioli, G. Cardano, Tartaglia avevano ragionato su come dividere la posta nel caso di interruzione di un gioco. Ma Pascal, in una corrispondenza con Pierre de Fermat, pone le basi per una vera e propria teoria (e risponde al quesito: il primo dei due eventi ha probabilità lievemente maggiore).

Spesso la matematica gioca fra due ambiti distinti ma legati: discreto e continuo. Ora, la probabilità dei giochi di carte o di dadi è tutta nel dominio del discreto, anzi del finito. Ma si fa strada anche una probabilità del continuo: nel 1777 Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon, si chiede quale sia la probabilità che un ago lasciato cadere su un parquet tocchi una delle scanalature. Ne nasce l’idea di densità di probabilità che riprenderò fra poco.

Fatemi soffermare un attimo su questo tipo di problemi: quello dell’“ago di Buffon” può davvero apparire come la più oziosa delle elucubrazioni. Magari qualche lettore può segnalare un’applicazione diretta della soluzione; ma credo molto più interessante e ricco di conseguenze il tipo di ragionamento a cui ha dato origine. Come spesso succede in matematica, il problema originario non interessa più a nessuno, ma il metodo escogitato apre una cornucopia di risultati. È questo il caso del calcolo delle probabilità in ogni ambito scientifico, economico, sociale, fino all’intelligenza artificiale. Ma c’è una disciplina che non ne può proprio fare a meno.

Nei primi decenni del secolo scorso la fisica entrò in una crisi filosofica gravissima: il crollo del determinismo. Il fisico ottocentesco aveva un’utopia: se conoscessi le leggi (generalmente equazioni differenziali) di un dato fenomeno, e in un dato istante conoscessi perfettamente tutti i dati in gioco, allora potrei ricostruire tutto il passato e prevedere tutto il futuro. Il fisico mica era scemo: sapeva benissimo che le misure perfette non esistono, ma immaginava che riducendo sempre più l’inevitabile errore la previsione si facesse sempre più precisa.

Purtroppo arrivarono due tegole, una matematica e una fisica. La “matematica del caos” rivela che differenze anche piccolissime nei dati possono produrre effetti completamente diversi. Il “principio d’indeterminazione” afferma che non posso aumentare contemporaneamente la precisione di tutte le misure. Per esempio, arrivati a un certo punto, se riduco l’errore nella misura della posizione di un elettrone aumento necessariamente l’errore nella misura della sua velocità.

La rivoluzione della meccanica quantistica consiste nel riformulare le leggi fisiche in termini di probabilità. Anzi, di ampiezza di probabilità, espressa in numeri complessi (furbata che dà ragione di interferenze altrimenti impossibili), da cui si ottiene una densità di probabilità, da cui si ottiene la probabilità, per esempio, di trovare un elettrone in una data porzione di spazio in un dato intervallo.

Ma intanto ci sono stati progressi nella probabilità discreta, culminati nel 1906 nelle ricerche di A. A. Markov. Un esempio è lo studio dei cammini casuali in una rete. Se sul web clicco dei link a caso, ci sono siti in cui è più probabile finire per la struttura stessa della rete? Sì, e questo ha fatto la fortuna di Sergey Brin e Larry Page, che hanno messo a frutto un teorema di O. Perron (1907) e G. Frobenius (1912) per creare il metodo con cui Google mette in ordine le risposte, sbaragliando la concorrenza.

Di probabilità si occuparono grandi matematici: i Bernoulli, Eulero, Laplace, Fourier, fino all’essenziale assiomatizzazione (1933) di A. N. Kolmogorov. Una volta di più dal gioco è nata grande matematica con formidabili applicazioni.