Allo scoccare della mezzanotte del 28 febbraio 2002 in Eurolandia terminava con successo la fase di doppia circolazione dell’euro e delle ormai obsolete banconote nazionali. La moneta unica diventava la sola valuta a corso legale nei 12 paesi che l’avevano adottata coronando il sogno di generazioni di europei. Il passaggio, peraltro, era già avvenuto in alcune giurisdizioni: per esempio il marco, onore e vanto della Germania postbellica, aveva cessato la sua esistenza dalla mezzanotte del 31 dicembre 2001.
L’immensa operazione logistica fu condotta con assoluta precisione e in poche settimane la maggior parte della popolazione si era abituata alle nuove banconote e alle nuove monete. Curiosamente il primo territorio dove l’euro fu introdotto non apparteneva geograficamente all’Europa, bensì all’Africa: fu il territorio francese di Réunion, per una questione di fuso orario, a distribuire per primo banconote e monete in euro e a battezzare la prima transazione con i nuovi soldi: l’acquisto di un chilo di lychees. Poi fu la volta della Finlandia e infine scattò l’ora X nel resto dell’Unione.
L’euro era già una realtà dal primo gennaio 1999, ma una realtà virtuale per la maggior parte dei cittadini. Esisteva come moneta nei mercati dei cambi, nei sistemi di contabilità delle imprese, nelle transazioni finanziarie, nei conti dei governi, ma la gente comune continuava ad usare le valute nazionali nella vita di tutti i giorni. Il primo marzo del 2002 tutti compresero che una nuova alba sorgeva sul Vecchio Continente e persino gli euroscettici britannici ammisero che era andato tutto per il meglio, ma senza rinunciare alla stoccata contro gli italiani “incoraggiati a buttare le vecchie lire nella Fontana di Trevi”.
Contrariamente alle panzane diffuse dei revisionisti col profilo fake sui social network (presumibilmente pagati con gli spiccioli dei 49 milioni) l’euro è stato un eccezionale fattore di stabilità soprattutto per i paesi fragili e mal governati, in primo luogo l’Italia.
Da quando è stato introdotto l’euro possiamo elencare le crisi maggiori che si sono scatenate a livello globale: nei mesi precedenti all’effettiva introduzione ci fu la crisi russa e il fallimento dell’hedge fund Long Term Capital Management. Poi si diffuse l’isteria per il Millennium bug seguita a fine 2000 dalla virulenta crisi delle dot com, cioè le aziende internet che avevano turlupinato i creduloni con promesse di ricchezze favolose (esattamente come oggi le varie Tesla e WeWork).
Ci si era appena ripresi che arrivò l’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 devastando l’economia mondiale. Il crollo in mondovisione del Wtc originò la guerra in Afghanistan e la seconda guerra del Golfo. Nel frattempo l’Argentina precipitava in bancarotta trascinando un discreto numero di risparmiatori italiani (sempre pronti all’appello quando si tratta di trovare i geni dell’investimento sicuro ma ad alto rendimento).
Passati pochi anni di relativa calma, con il 2007 si alzò il vento di tempesta che, partendo dai titoli tossici, culminò il 15 settembre 2008 nel fallimento di Lehman Brothers spalancando le porte alla Grande Recessione. Infine la crisi dei debiti pubblici nel 2011-2012 in Eurolandia, proprio quando sembrava che la ripresa stesse attecchendo.
Il resto è storia recente: il “Whatever it takes” di Mario Draghi, il Mes e il cordone sanitario posto attorno all’Italia, paese pervicacemente refrattario a qualsiasi riforma sostanziale. E dove la classe dirigente di qualsiasi colore, sempre più screditata, aspira unicamente a farsi pagare i debiti dai tedeschi per comprare voti attraverso gigantesche operazioni di voto di scambio spacciate per welfare.
Senza l’euro l’economia italiana sarebbe stata massacrata ripetutamente durante queste crisi e ne sarebbe uscita con un sistema produttivo di stampo indonesiano dopo ripetute “svalutazioni competitive” che avrebbero ridotto le aziende italiane a terzisti straccioni di cinesi e polacchi.
Oggi l’euro raggiunge la maggiore età e nessuno, se non qualche frangia di squinternati, ne mette più in dubbio la tenuta. Nemmeno l’aspirante reincarnazione comica di Giovanna d’Arco che risponde al nome di Marine Le Pen. Come accade per gli adolescenti, anche per l’euro, moneta dai tratti unici, quando si superano le avversità ci si irrobustisce e si matura guadagnandone in resilienza, prestigio e credibilità.
I vari Putin, BoJo, Erdogan e Trump possono solo schiumare di rabbia impotente di fronte al successo di un esperimento visionario che oggi assicura agli stati membri di mantenere uno status da potenza mondiale.
Rimane il vulnus di un’Italia che ancora recalcitra di fronte alle responsabilità da assumersi per rimanere un paese civile e all’avanguardia. Ma io sono pervaso di ottimismo. Questa crisi del Covid-19 che si sta abbattendo sull’economia globale offrirà l’occasione per raddrizzare anche questo legno storto e completare l’opera iniziata a Maastricht quasi 30 anni fa. Auguri di cuore al nostro euro!