Nel 2019 il Pil è aumentato dello 0,3%, la crescita più bassa dal 2014. Lo rileva l’Istat nell’atteso comunicato con i dati definitivi riguardo allo scorso anno, parlando di un “marcato rallentamento” rispetto alla crescita dello 0,8% del 2018. Il dato del 2019 è comunque al di sopra del +0,2% della stima preliminare dell’Istat e del +0,1% previsto dal governo. Il rapporto deficit/Pil del 2019 è risultato pari all’1,6%, in netto calo rispetto al 2,2% del 2018 e molto inferiore rispetto al 2,2% previsto dalla Nota di aggiornamento al Def. Il miglioramento, pari a circa 9,5 miliardi di euro, porta il deficit/Pil al livello più basso dal 2007, quando era stato dell’1,3%. Nel frattempo la pressione fiscale è salita al 42,4% dal 41,9% del 2019. Il dato del 2019 è il più alto dal 42,9% del 2015.
Il Pil ai prezzi di mercato è stato pari a 1.787 miliardi di euro correnti, con un aumento dell’1,2% rispetto all’anno precedente. In volume il Pil è aumentato appunto dello 0,3%. Dal lato della domanda interna si registra, in termini di volume, una crescita dell’1,4% degli investimenti fissi lordi e dello 0,2% dei consumi finali nazionali. Per quel che riguarda i flussi con l’estero, le esportazioni di beni e servizi sono aumentate dell’1,2% e le importazioni sono diminuite dello 0,4%.
La domanda nazionale al netto delle scorte ha contribuito positivamente alla crescita del Pil per 0,4 punti percentuali. L’apporto della domanda estera netta è stato positivo per 0,5 punti, mentre la variazione delle scorte ha contribuito negativamente per 0,6 punti. A livello settoriale, il valore aggiunto ha registrato aumenti in volume nelle costruzioni (+2,6%) e nelle attività dei servizi (+0,3%). E’ in calo nell’agricoltura, silvicoltura e pesca (-1,6%) e nell’industria in senso stretto (-0,4%).
Il saldo primario (indebitamento netto meno la spesa per interessi) misurato in rapporto al Pil, è stato pari al +1,7% (+1,5% nel 2018). L’indebitamento netto in rapporto al Pil è stato pari al -1,6 %, a fronte del -2,2% del 2018.