“La pirateria uccide il calcio”, “il nostro campionato deve tornare a essere il più bello al mondo”. Adesso aspettiamo con ansia la prossima campagna della Lega sull’importanza di valorizzare il prodotto, dopo che i grandi capi del pallone, tanto preoccupati dalla prospettiva di trasmettere la sfida scudetto a porte chiuse e perdere qualche spicciolo di incasso, hanno trasformato la gestione dell’emergenza in una barzelletta. Partite prima confermate e poi rinviate all’ultimo momento, trasferte negate in un caso e autorizzate nell’altro, recuperi fissati a maggio o lasciati fuori dal calendario, decisioni opache e schizofreniche: che il Coronavirus fosse un problema serio per il pallone si sapeva, ma nessuno poteva prevedere che l’incapacità di chi lo governa avrebbe fatto della Serie A una farsa.
Alla fine, come spesso succede in Italia, tutto si è ridotto a un regolamento di conti fra tifoserie: il rinvio di Juventus-Inter è diventato quasi un caso nazionale. Il punto, però, non è quando si giocherà la sfida scudetto e chi sarà favorito, non soltanto almeno, ma perché si è arrivati al rinvio, come è stata gestita l’emergenza e soprattutto quali conseguenze avrà sul futuro, visto che la Serie A ha deliberatamente scelto di privarsi delle porte chiuse, l’unico strumento in grado di garantire la regolarità dei tornei (suggerito anche dalla Fifa) di fronte all’epidemia.
Per capirlo bisogna ripercorrere gli eventi dell’ultima settimana. A partire da lunedì, quando il governo aveva già fermato le attività sportive nelle Regioni del contagio, autorizzando le partite a porte chiuse come proprio i vertici del calcio italiano avevano chiesto. Si aspettava dunque la comunicazione della Lega, che però tardava ad arrivare: martedì nulla, mercoledì neanche, già questo era sospetto. Evidentemente qualcosa si stava muovendo. Giovedì però ecco l’ufficialità: cinque partite a porte chiuse, compresa Juve-Inter. Sembra fatta, invece venerdì viene convocata una strana riunione in Federcalcio per discutere delle misure da adottare per l’emergenza Coronavirus: dovrebbe essere un vertice per parlare della prossima giornata, si trasforma nell’occasione per cambiare le carte in tavola su quella in corsa, col presidente del Coni Giovanni Malagò schierato in prima fila che annuncia “sorprese”.
Tra giovedì sera, quando la Lega ufficializza le porte chiuse, e sabato mattina, quando si consuma il ribaltone, evidentemente succede qualcosa. Pressioni, telefonate incrociate tra Milano, Roma e gli Stati Uniti, dove il presidente della Serie A Paolo Dal Pino era incredibilmente in trasferta, in un momento così delicato. Cosa sia accaduto di preciso lo sanno solo i diretti interessati. Non è un mistero che la Juventus di Agnelli abbia spinto prima per far riaprire lo Stadium e poi per rinviare, così da non dover giocare una partita così importante senza tifosi (ed evitarsi il problema del rimborso dei biglietti). Così come è noto che Marotta abbia tenuto il punto per l’Inter, per cui lo Juventus Stadium a porte chiuse rappresentava di certo una ghiotta occasione. Le parti coinvolte hanno pensato ai propri interessi, chi doveva garantire la terzietà si è invece lasciato travolgere dagli eventi. Ora il pasticcio è fatto: mercoledì i presidenti si riuniranno al Coni per trovare una soluzione, ma continuano a ragionare dando per scontato che l’emergenza si stia esaurendo. Mentre il governo ha appena prorogato i divieti in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna: cosa succederà fra una settimana se non sarà possibile riaprire gli stadi, dopo che si è deciso che a porte chiuse non si può giocare?
In questa storia sono tutti colpevoli, non si salva nessuno. La Serie A ci fa una figuraccia ma le istituzioni non ne escono meglio. Il ministro Vincenzo Spadafora, ad esempio, ha scaricato le responsabilità sulla Lega, spiegando che si è trattato di una “decisione autonoma”, ed è vero, ma l’idea del rinvio ha trovato terreno fertile anche a Palazzo Chigi (per non trasmettere nel mondo l’immagine di un Paese malato…), e poi lui è il ministro dello Sport, la regolarità del campionato dovrebbe essere anche una sua priorità. La Figc è rimasta passiva, permettendo che venissero adottati criteri diversi fra Serie A, B e C (e ricordiamo che la Federazione da statuto può far decadere i dirigenti di una Lega “per gravi motivi che impediscano il regolare o normale svolgimento delle attività”: non è forse questo il caso?). Quanto alla Lega Calcio, che prima chiede al governo le porte chiuse, poi le ufficializza, quindi rinvia cinque partite all’ultimo momento e adesso si ritrova tra le mani un calendario impossibile da incastrare, semplicemente non ci sono commenti. Tutto, come ha spiegato Dal Pino, per “tutelare gli interessi generali della Serie A” e la sua immagine nel mondo. Complimenti, bel lavoro.