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Coronavirus, al Centro Nord aumentano le richieste per la costruzione di bunker

A registrare il fenomeno è un’azienda mantovana, specializzata nella realizzazione di rifugi antiatomici. "Negli ultimi tempi c'è stato un aumento delle richieste per la costruzione di bunker: circa tre a settimana. Ordinazioni o necessità di informazioni che arrivano prevalentemente dalla pianura padana", spiega il titolare
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Un bunker antiatomico sottoterra per combattere il contagio. Tra gli effetti del coronavirus c’è anche questo. A registrare il fenomeno è un’azienda mantovana, specializzata nella realizzazione di rifugi antiatomici. “Negli ultimi tempi c’è stato un aumento delle richieste per la costruzione di bunker: circa tre a settimana. Ordinazioni o necessità di informazioni che arrivano prevalentemente dalla pianura padana”, spiega il titolare dell’azienda all’agenzia Ansa. Anche se in Italia costruirsi un rifugio antiatomico non è previsto dai piani regolatori, queste strutture, nonostante abbiano porteblindate e quei parametri previsti dalla sigla ‘Nbc’ (Nucleare, Batteriologico, Chimico) vengono dichiarate come cantine. “Per costruirne uno, che ospiti circa quattro persone, serve al massimo un mese e con una spesa media di 20mila euro. A chiedercelo, oltre ai soliti ricchi, ci sono ora tante famiglie del ceto medio, insomma risparmiatori – aggiunge l’imprenditore – e tutti mi dicono la stessa cosa: Lo facciamo per la sicurezza dei nostri bambini. Abbiamo bisogno di sentirci protetti per i nostri figlì”.

È per questo che la richiesta è di una cellula inattaccabile: dalla ‘porta beton‘ con uno spessore di 30 centimetri di cemento, agli impianti di ventilazione schermati contro le detonazioni nucleari, le cisterne d’acqua da mille litri ognuna, sistemi radio per contatti con l’esterno, i letti a castello con materiali ignifughi o le vernici senza sostanze organiche volatili. E ovviamente scorte di medicinali e viveri a lunga scadenza, maschere antigas, un piccolo generatore di energia esterno a benzina che parte in automatico e il bagno, che in realtà è un secchio con uno specifico sacco di plastica. Tutto studiato per affrontare una catastrofe di proporzioni ben più ampie del Coronavirus. Ed uscirne in genere entro decine di giorni di autonomia. Si tratta però – secondo lo stesso costruttore – di precauzioni in questo caso “inutili se si pensa di affrontare così l’attuale emergenza del Coronavirus. Non è adeguato pensare di risolvere la pandemia con la costruzione di un rifugio e mi sembra assurdo pensare di viverci all’interno per un anno”.

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