La ricerca, messa a segno dal team dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, guidato dal professor Massimo Ciccozzi, ha ricostruito la mutazione genetica che ha permesso al nuovo coronavirus, che si è sviluppato in Cina, di infettare anche l’uomo
Non è stato il pangolino. Il piccolo mammifero – indicato come il possibile indiziato numero uno – è stato scagionato dall’accusa di essere l’animale che ha trasmesso all’uomo il coronavirus, poi chiamato Sars Cov2. Il “colpevole” è stato individuato nel pipistrello. Tutto è nato nei wet market cinesi, così il virus sarebbe passato tramite il sangue e dopo la macellazione degli animali vivi sarebbe andato in circolo. “L’ipotesi che facciamo noi – spiega il professore Massimo Ciccozzi all’Adnkronos – è che sia accaduto tutto nei ‘wet market’ cinesi di Wuhan, i mercati umidi. Mercati dove si vendono animali vivi. In certi luoghi non c’è la corrente elettrica, non ci sono frigoriferi. Per questo gli animali devono essere venduti vivi. E poi vengono macellati”.
La ricerca, messa a segno dal team dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, guidato da Ciccozzi, ha ricostruito la mutazione genetica che ha permesso al nuovo coronavirus, che si è sviluppato in Cina, di infettare anche l’uomo. “In questo modo le mani si imbrattano di sangue. Quindi, probabilmente questo virus – spiega – è passato all’uomo tramite il sangue e poi è andato in circolo. Ha riconosciuto le cellule con il recettore, come una serratura, è entrato e ha innescato l’epidemia: questa è l’ipotesi. Prima dall’animale all’uomo attraverso le mani e poi la trasmissione è avvenuta per via respiratoria, umana, tramite fluidi, colpi di tosse, starnuti. Come avviene per una normale influenza”. La mutazione del “salto di specie” è avvenuta sulle cosiddette spike o spicole, strutture proteiche sulla superficie del patogeno che permettono la penetrazione nelle cellule, e si sarebbe verificata prima di Natale.
Una ricerca preziosa, fatta a tempo di record dalla squadra di Ciccozzi e in particolare dal più giovane dei suoi componenti, Domenico Benvenuto, studente del VI di Medicina e chirurgia e primo firmatario della ricerca che ha identificato la mutazione e contribuirà a comprendere in che modo si muove l’epidemia e a lavorare a un vaccino efficace. “Il coronavirus – afferma Ciccozzi – è un virus animale, fa parte del pipistrello. Sta nel pipistrello e anche in tanti altri animali. Il virus – spiega – prova a fare delle mutazioni, poi per caso fa una mutazione che gli permette di fare il salto di specie. Una mutazione che va a riconoscere i recettori particolari sulla cellula respiratoria”. Noi studiamo un tipo di epidemiologia che si chiama epidemiologia molecolare. Studiando il genoma virale – ribadisce Ciccozzi – abbiamo tantissime informazioni. Tra cui l’esatta data del passaggio di specie”.
Sul Pangolino additato in precedenza come responsabile della trasmissione del virus all’uomo dal pipistrello, l’esperto chiarisce che “sì, in due lavori, li ho refertati io, si diceva che il virus sarebbe passato dal pipistrello al pangolino e da quest’ultimo all’uomo. Pubblicheremo a giorni uno studio che farà capire che invece il pangolino non c’entra niente. Come non c’entra niente il serpente”. E sulla mutazione del virus Ciccozzi avverte: “Questo virus muta in continuazione. Paragono il coronavirus alla Sars. Non possiamo paragonarlo a un virus influenzale. Il coronavirus fa una mutazione ogni mille basi nucleoditiche. Quello della Sars del 2002- 2003 ne faceva una ogni 10 mila. Quindi è molto veloce”.
“La nostra preoccupazione – prosegue Ciccozzi – è quella di fermare il prima possibile questa epidemia perché continua a mutare. Ogni volta che il virus si trasmette da uomo a uomo fa delle mutazioni perché cambia l’ambiente immunologico e ognuno ha il suo ambiente immunologico personale. La prima mutazione gli ha fatto fare il salto di specie, altre due lo hanno reso molto contagioso ma meno deleterio della Sars, non so cosa altro può succedere se mutasse ancora, potrebbe anche non succedere nulla. Ma nel dubbio, l’epidemia va fermata in quanto la cosa fondamentale è evitare che le persone s’infettino. Evitiamo i casi di morte e quindi evitiamo che il virus faccia altre mutazioni”. Il nostro Paese è fra i primi per numero di contagi perché “noi abbiamo messo in piedi un sistema di sorveglianza per cercare i casi. E li abbiamo trovati. Siamo stati molto bravi. Li abbiamo trovati e abbiamo isolato i cluster epidemici“.
“Questo – chiarisce – ci ha portato a considerare perché ha questa velocità” di trasmissione. “Il coronavirus nell’80% dei casi nel suo genoma è più o meno uguale a quello della Sars del 2002 – 2003. Abbiamo però individuato altre due mutazioni interessanti: una stabilizza, l’altra destabilizza. Una fa capire a noi quanto il virus è estremamente più contagioso rispetto alla Sars. L’altra ci fa capire quanto sia meno letale. Quindi fa più casi. Ma è meno pericoloso – sottolinea – Almeno tre volte meno pericoloso della Sars”. Ma quando arriverà un vaccino? “Su questo – ricorda Ciccozzi all’Adnkronos – tutti rispondono in modo diverso. Anthony Fauci, che è un dei più grossi immunologi a livello mondiale, sta lavorando a un vaccino e ha detto che a fine aprile ci saranno i primi test sull’uomo. L’istituto di immunologia di Bethesda ha fatto un vaccino utilizzando informatica e biogenetica, non virus inattivati. Questa fase pre-clinica è stata molto veloce tanto che verso la fine di aprile inizieranno appunto le sperimentazioni sull’uomo, circa 20-25 volontari sani, per arrivare alla fase 4 che è la fase finale, quella della commercializzazione prevista per gennaio prossimo. In meno di un anno non si può fare un vaccino”.