Nel giorno in cui al palazzo di giustizia di Milano c’è un terzo caso di giudice contagiato il plenum di Palazzo dei Marescialli approva una delibera indirizza ai dirigenti degli uffici giudiziari e al guardasigilli. A quest'ultimo si chiede di valutare la "modifica delle norme processuali necessaria a garantire la piena utilizzazione in tutti i procedimenti civili e penali delle modalità di svolgimento delle attività giurisdizionali svolte da remoto". La procura di Milano chiude i corridoi
Fare in modo che i magistrati possano lavorare da casa, sospendere i termini, rinviare i processi penali e civili in altri tribunali dove ci sia rischio contagio, come già fatto nella zona rossa. Nel giorno in cui al palazzo di giustizia di Milano c’è un terzo caso di giudice contagiato (che ha fatto scattare la chiusura della procura generale e un’aula della corte d’appello) il Consiglio superiore della magistratura formula alcune richieste, contenute in una delibera approvata dal plenum. Due i destinatari del documento: i dirigenti degli uffici giudiziari e il ministro della giustizia, Alfonso Bonafede. A quest’ultimo Palazzo dei Marescialli chiede di rinviare i processi civili e penali e sospendere i termini come si è già fatto per gli uffici giudiziari della zona rossa, anche per gli altri tribunali “ove si manifesti un rischio di contagio accertato dall’autorità sanitaria”. In alternativa, il Csm chiede di applicare la normativa prevista per il periodo feriale. Al guardasigilli il Csm chiede inoltre di valutare la “modifica delle norme processuali necessaria a garantire la piena utilizzazione in tutti i procedimenti civili e penali delle modalità di svolgimento delle attività giurisdizionali svolte da remoto”.
Ai dirigenti degli uffici, invece Palazzo dei Marescialli chiede di adottare misure organizzative che consentano “lo svolgimento dell’attività lavorativa dal domicilio del magistrato” e “il lavoro da remoto mediante l’utilizzo delle dotazioni tecnologiche e informatiche fornite dal ministero”. E se l’adozione delle misure idonee a evitare il rischio di contagio da Coronavirus e “le ridotte risorse disponibili rendessero impossibile la prosecuzione ordinaria dell’attività degli uffici giudiziari, i dirigenti dovranno organizzare lo svolgimento del lavoro, garantendo i servizi essenziali”, cioè la convalida dell’arresto e del fermo, i procedimenti con detenuti, i processi che presentano carattere d’urgenza e quelli a carico di imputati minorenni.
“In ogni caso”, i dirigenti degli uffici, scrive il Csm, “dovranno raccomandare ai magistrati la trattazione di un numero di procedimenti compatibile con le prescrizioni” dell’ultimo decreto del governo, che raccomanda la distanza interpersonale di almeno un metro nei contatti sociali. E questo dovrà essere fatto con “l’eventuale rinvio dei procedimenti non urgenti” per garantire “l’effettivo rispetto delle misure igienico-sanitarie” richieste dal decreto. L’organo di autogoverno della magistratura chiede inoltre a via Arenula di istituire “tempestivamente” un tavolo tecnico congiunto tra il ministero della Giustizia-Consiglio Superiore della magistratura, per monitorare l’evoluzione delle condizioni di emergenza sanitaria negli Uffici giudiziari. Il tavolo servirebbe per proporre al ministro “l’adozione degli interventi normativi di urgenza, anche di legislazione primaria, che dovessero rivelarsi opportuni o indispensabili, secondo le circostanze”.
Procura Milano chiude i corridoi – A Milano, il palazzo di giustizia più colpito dal virus fino a questo momento, il procuratore Francesco Greco ha varato misure sempre più stringenti: chiusura dei corridoi della Procura, a cui si può accedere solo su appuntamento “indifferibile“, e sospensione dei “termini a difesa” per i procedimenti, notificati o da notificare, fino al 31 marzo. La Procura ha diffuso una circolare in cui spiega di voler “evitare del tutto contatti e assembramenti dannosi per la salute“. Tutte le notifiche, in pratica, dovranno ora passare per via telematica e gli sportelli ancora in funzione resteranno aperti solo per un’ora, solo per gli atti “urgenti”. Tutti gli altri uffici, poi, vengono chiusi al pubblico fino al 15 marzo.