Non c’è nulla di più falso del luogo comune che i giornali, la mattina dopo, servano soltanto per incartare il pesce. Al contrario, bisognerebbe leggere i quotidiani con mesi di ritardo, addirittura anni, e la lettura sarebbe mille volte più istruttiva. Con la sedimentazione, le falsificazioni e le stupidità emergono con chiarezza evidente.
Per confrontare la posizione degli industriali di oggi con quella così violentemente criticata da Einaudi nel 1924, siamo andati a rileggere i giornali dell’agosto dello scorso anno.
I fatti: l’8 agosto al mattino, Matteo Salvini dichiara guerra al governo di cui è vicepresidente, dimostrando al mondo intero quanto sia un politico assai mediocre. E chiede a gran voce nuove elezioni confidando sui sondaggi a lui favorevolissimi, ma dimenticando che la realtà è ben diversa e che le elezioni dell’anno prima non hanno dato alla destra la maggioranza in parlamento. Insomma una vera scemenza.
A sera ne fa un’altra a Pescara dove, in piazza, parlando con la sua pancia autoritaria, se ne esce con la famigerata frase in cui chiede agli italiani “i pieni poteri”. Quelle parole furono assolutamente determinanti nello svolgimento della crisi. Anche se sciaguratamente gli avversari non ne hanno approfittato a sufficienza, non caratterizzando anche nei mesi successivi il Conte due come governo di “emergenza democratica”.
Ebbene, i quotidiani del giorno dopo, quella frase, non la riportarono. Il Corriere della sera da Pescara riferisce che Salvini ha solo detto che l’Italia “ha bisogno di regole, ordine e disciplina”, mentre la Repubblica si sofferma sulle “sue lacrime di commozione”. La Stampa la fa più grossa con un articolo davvero corrivo e intempestivo di Orsina in cui si dice: “Sia ben chiaro: scrivere i nomi di Mussolini e Salvini nella stessa frase non ha in alcun modo lo scopo di accreditare lo stucchevole allarme sul pericolo fascista che accompagna la Repubblica fin dalla sua nascita, che ha potentemente contribuito ad avvelenare per decenni, e da ultimo ha reso ancor più deprimente il nostro già pessimo dibattito pubblico”.
Anche i quotidiani di destra dimostrano tutta la loro intelligenza buttandosi avanti: Vittorio Feltri su Libero scrive: “Se però (Salvini) sfascia tutto vuol dire che il Capo dello Stato gli ha fatto l’occhiolino”. Ovvio. Alessandro Sallusti non è da meno col suo “La rassegnazione del Colle, nessun intralcio alle elezioni”. Ma certo… Soltanto il Sole 24 ore dà il dovuto rilievo alla notizia e la fa commentare con severità da Oreste Pollicino e Giulio Enea Vigevani: “Esattamente perché siamo in democrazia, nessuno può chiedere ‘pieni poteri’ al popolo italiano, perché tale conferimento colliderebbe frontalmente con qualsiasi modello di democrazia moderna”. I due autori ricordano naturalmente anche i precedenti: il “decreto dei pieni poteri” adottato dal parlamento tedesco nel 1933 e la richiesta di Mussolini dei ‘pieni poteri’, “perché vogliamo assumere le piene responsabilità”.
Il giorno successivo, i giornaloni mostrano di essersi accorti del “buco” preso, ma non ne capiscono ancora l’importanza e non vi impostano alcun titolone, né lo faranno nei giorni successivi. La Repubblica fa scrivere a Messina, che incorpora la notizia nel suo commento e accenna al fatto che le parole di Salvini hanno “preoccupato” il Papa sentendo “discorsi che assomigliano a quelli di Hitler nel ‘34”. Una notizia minore da pagina interna.
Intanto il Corrierone nello stesso giorno fa fondare a Pisapia il “partito di sinistra filoestrema destra” che tuttora si aggira per il paese. Pisapia nell’intervista sollecita le immediate elezioni e proclama il suo no al M5s. Evidentemente gli sono sfuggiti i sondaggi di appena dieci giorni prima e i risultati delle Elezioni europee. In che mani siamo…
Ps. Dimenticavo. Per tornare a Einaudi e al silenzio degli industriali, il presidente della Confindustra Vincenzo Boccia evidentemente non legge il suo giornale perché l’articolo di Pollicino e Vigevani non lo ha preoccupato affatto. Sta in silenzio fino al 21 agosto e al Meeting di Rimini si trasforma in Ponzio Pilato: “Non ci aspettiamo nessun tipo di governo da un punto di vista del colore politico”; e ancora: “Non entriamo nel merito delle tattiche, della questione voto sì o voto no”. Per gli industriali italiani un governo democratico o uno con velleità totalitarie pari sono.
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