Domani sarà l’ultimo giorno di quarantena. Forse.
Le sirene delle ambulanze non si fermano. Anzi. Dalle testimonianze di chi abita in zone vicine alle principali strade che collegano i nostri paesi, soprattutto di sera, ne passano ancora tante.
Per domenica attendiamo le comunicazioni dalle autorità cittadine per capire come proseguirà la vita qui, nella zona rossa.
Resto sempre molto scettica sul fatto che nelle province a noi adiacenti, dove il numero di casi sta aumentando notevolmente, non siano state adottate norme altrettanto severe (ma, preciso, giuste).
Gli abitanti della zona rossa, ormai “disintossicati” dal virus, potranno davvero tornare a muoversi liberamente (per lavoro o per raggiungere i propri familiari) in territori dove il livello d’allerta si sta alzando in questi giorni?
E non è un discorso vittimistico, come ne vedo tanti sui social: “O tutti o nessuno”. Il fatto è che sono seriamente preoccupata che non adottando misure così drastiche e rigide, perché poi ci sono sempre i furbetti che se ne fregano (si vede che non sono mai stati costretti a visitare un reparto di terapia intensiva), il problema rischia di non risolversi a breve, ma di travolgerci ancora più seriamente.
Ho visto anche tavolate di ragazzi che socializzano contro la psicosi da coronavirus. Che alcuni siti di quotidiani osannano il “coraggio” di organizzatori di eventi, che vanno avanti nonostante il corona virus. E addirittura testate che consigliano dove andare in vacanza per scappare dal coronavirus (tipo le Maldive). Wow. Non so tra questi chi merita il titolo di “genio assoluto”.
Intanto, dopo il coronavirus costruito con i mattoncini, mio figlio stamattina mi ha portato il suo orsacchiotto di peluche: “Teddy ha la polmonite”. Gli abbiamo subito dato la medicina ed è guarito. Per quanto cerchiamo di tenerli lontani dalle nostre preoccupazioni, mantenendo il solito clima sereno in casa, i bambini sentono tutto.